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Carnevale vuol dire cibo (da lanciare): “Bello da vedere, dolce da gustare”

Carnevale in Italia vuol dire cibo: "Bello da vedere, dolce da gustare"

Perché leggere questo articolo? Oggi a Milano è Giovedì Grasso. La festa dei bagordi per eccellenza è naturalmente associata al cibo. A Ivrea le battaglie delle arance, a Dunkerque lanciano le aringhe. Come dicono a Fano: il Carnevale è bello da vedere, ma anche dolce da gustare. 

Oggi, ma solo per i milanesi, è Giovedì Grasso. Il Carnevale è una festa mobile, e in Italia anche variabile: la data cambia, infatti, sia nel corso dell’anno in base alla Pasqua, sia in base alla regione di appartenenza: che ci si trovi nelle diocesi ambrosiane o romane. Dio non ce ne voglia, ma per la stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici, la grande differenza tra di due riti sta proprio nella data del Carnevale. Tutta questione di calendario, ma anche di cibo. A partire dal nome stesso del Carnevale: viene da carnem levare, eliminare la carne. Etimologia, soprattutto, in Italia non viene troppo presa alla lettera…

A Carnevale ogni cibo vale (anche lanciarlo)

Il carnevale è il fratello della quaresima, entrambe le feste sono legate alla Pasqua, che è per definizione una festa mobile. Così il Mercoledì delle Ceneri è il primo giorno di Quaresima, 40 giorni prima della Pasqua. Se dal mercoledì si comincia il periodo di penitenza e digiuno, significa che il giorno prima e quello successivo sono dedicati all’esaurimento delle scorte e poi al rifornimento. Da qui l’origine del Martedì e del Giovedì Grasso.

A Carnevale ogni scherzo vale, ma anche ogni cibo. Dall’eterna discussione tra “team Chiacchiere” o “team Tortelli”. Passando per le castagnole, le frappe e le frittelle. Tavole imbandite, ma non solo. Il Carnevale è anche il periodo delle sfilate dei carri in giro per l’Italia. Goethe nel suo Viaggio in Italia commentava la fine del Carnevale scrivendo: “Ora la follia è finita”. Per carità, Goethe era tedesco, e inevitabilmente gli apparivano follie i vari eccessi, soprattutto nel campo alimentare, che trasgredivano dalle norme di moderazione o di penuria vigenti il resto dell’anno.

Lo scrittore de I dolori del giovane Werther non deve essere rimasto entusiasta del lancio di cibarie dai carri in sfilata. Manifestazioni folkloristiche come la “Cuccagna del Porco”, momento del Carnevale Romano, quando dalle case dei Colonna veniva lanciato cibo, per lo più maiale, sulla folla sottostante. Simile era la Festa della Porchetta a Bologna, a Verona si celebrava il Venerdì Gnoccolare con sfilate, cottura e distribuzione di gnocchi nelle strade. In tutti i carnevali erano poi tradizionali i carri trionfali dell’ Abbondanza, carichi di cibo e accompagnati da maschere grottesche. A Carnevale vale da sempre tutto, anche lanciare il cibo.

Il lancio delle aringhe a Dunkerque, delle arance a Ivrea

Una delle manifestazioni simbolo del Carnevale è la cosiddetta “battaglia delle arance” di Ivrea. Una tradizione che resiste da secoli, ed è nota in tutto il mondo. Quello che secondo gli abitanti della cittadina piemontese è il più antico Carnevale d’Italia affonda le radici nella rievocazione di un episodio di liberazione dalla tirannide. Un barone (storicamente riconosciuto nel Marchese di Monferrato) che affamava la città venne scacciato grazie alla ribellione di Violetta, la figlia di un mugnaio che non volle sottostare allo ius primae noctis e che, uccidendolo, accese la rivolta popolare a colpi di arance. 

A Ivrea lanciano le arance, a Dunkerque, sulle rive del Mare del Nord in Francia, invece le….aringhe. Un’altra tradizione antica che risale al XVII secolo quando i marinai partivano per molti mesi alla pesca del merluzzo sui banchi di Terranova e dell’Islanda, e la loro partenza era l’occasione per un banchetto e gradi feste.

In Spagna si celebra anche la battaglia del vino, ad Haro. Nel paesino basco a 100 km da Bilbao, i partecipanti sono invitati a vestirsi di bianco e a portare delle pistole ad acqua cariche di vino rosso in piazza. L’effetto che ne deriva è una guerra dove, probabilmente, alla fine le magliette dovranno essere buttate via. All’estremo nord del Vecchio Continente c’è la festa del lancio della crema pasticciera. In Inghilterra, a Coxheat, ogni anno le persone si ritrovano per lanciarsi contro delle torte farcite senza alcuna pietà.

A Fano il Carnevale è “Bello da vedere, dolce da gustare”

Bello da vedere, dolce da gustare” è lo slogan del Carnevale di Fano, il più antico delle Marche e che si contraddistingue anche per essere l’unico d’Italia a prevedere il lancio di dolciumi. Il Carnevale fanese è attestato sin dal 1437, ma gli storici fanno risalire la nascita alla riconciliazione tra la famiglia guelfa del Cassero e quella ghibellina Da Carignano, citate da Dante nella Divina Commedia. L’importanza della manifestazione era tale che già in epoca moderna il re d’Inghilterra Giacomo III venne a Fano dieci giorni per assistere al Carnevale. A Fano è tradizione il lancio verso la folla di quintali di dolciumi di ogni tipologia. Ogni carro ne ha dieci quintali, in più a contribuire al getto ci sono anche le tribune lungo i viali. Per molti anni ci fu un accordo con l’azienda Perugina, che rese caratteristico il lancio di Baci. Il “getto” è la parte del carnevale che più attira la partecipazione. Dato che per molto tempo furono utilizzati ombrelli rovesciati per raccogliere una maggior quantità di dolciumi, dal 2015 venne introdotto il “prendigetto“, un cono rovesciato in cartone ideato da un professore delle scuole medie di Fano, Paolo Del Signore, che rende il getto più sicuro.