Home Pharma Zambelli: “Per il tumore alla mammella metastatico utile approccio multidisciplinare”

Zambelli: “Per il tumore alla mammella metastatico utile approccio multidisciplinare”

Zambelli: “Per il tumore alla mammella metastatico utile approccio multidisciplinare”

Per lungo tempo il tumore alla mammella metastatico, soprattutto se presenti anche metastasi cerebrali, è stato considerato una patologia orfana a causa della mancanza di terapie specifiche.

Grazie all’avanzamento delle tecniche chirurgiche e alla disponibilità di nuovi farmaci, oggi per le pazienti sono aumentate le possibilità di trattamento. In questo scenario, una gestione multidisciplinare del paziente è fondamentale, in un percorso che integri non solo la figura dell’oncologo, al quale spesso è demandata la scelta sul trattamento, ma anche quella del radioterapista (diagnosi e post intervento) e quella del neurochirurgo (intervento, molto complesso e il meno invasivo possibile per garantire la QoL), senza desertificare il Territorio (MMG, oltre che follow up).

True-News.it ha approfondito l’argomento con il professor Alberto Zambelli, Oncologia Medica, Humanitas.

In ambito di Ricerca clinica a proposito di tumore al seno metastatico si parla di eccellenza lombarda. In che modo in Regione Lombardia viene gestita la presa in carico delle pazienti con tumore al seno metastatico?

 

Parlare di tumore al seno metastatico significa parlare di una patologia molto diversa, eterogenea, e significa riferirsi a un gruppo di pazienti che diversamente affrontano la malattia. Abbiamo delle condizioni in cui la malattia metastatica è pauci-sintomatica, a crescita più indolente e abbiamo casi in cui, invece, la malattia si presenta con un comportamento più aggressivo e tumultuoso. Abbiamo condizioni di malattia metastatica, scoperta fin dall’esordio del tumore primario della mammella (malattia metastatica de novo) o condizioni in cui la ricorrenza di malattia avviene dopo mesi o anni dalla prima diagnosi. Tutte questi diversi quadri clinici definiscono, insieme agli aspetti biologici di malattia, un segmento identificabile e particolare di tumore metastatico e pertanto non si può generalizzare nell’insieme la categoria del tumore metastatico, se non riconoscendovi una caratteristica che comune e che riguarda la prognosi in genere infausta della malattia. Infatti, la medicina è in grado il più spesso di controllare l’evoluzione della malattia metastatica, di ottenerne una cronicizzazione ma, solo raramente in casi molto selezionati, è in grado di estirpare la malattia e di portare a guarigione le pazienti che sono affette da malattia mammaria metastatica. Ma questa, d’altra parte, è la vera sfida che ci attende: poter dire un giorno che la malattia cronicizzata può, in alcuni casi anche, guarire. E in questo la ricerca clinica e l’innovazione terapeutica sono il vero motore di sviluppo e di spinta per raggiungere questo risultato, e finalmente innalzare l’asticella delle attese di cura per questi pazienti. Di fatto, i benefici clinici, sempre più numerosi, che oggi osserviamo all’interno di questo gruppo eterogeneo di malattia, sono esattamente correlati alla nostra capacità di migliorare la diagnosi, di conoscere meglio le caratteristiche individuali di ciascuna forma di tumore metastatico e di proporre trattamenti sempre più efficaci.

Tra le innovazioni terapeutiche in questo settore, ricordo, per esempio, l’introduzione, ormai da alcuni anni, dei farmaci della famiglia, degli inibitori delle chinasi cinico-dipendenti che hanno più che raddoppiato la sopravvivenza delle pazienti tumore mammario metastatico ER-pos. E ancora la evidenza del ruolo dell’immunoterapia associata ai trattamenti chemioterapici, specialmente nel caso delle forme definite di malattia triplo negativa, così aggressive e spesso con scarse chance di cura foino all’avvento delle opportunità nuove di terapia immunomediata. E ancora l’uso degli anticorpi farmaco-coniugati, efficaci nella malattia HER2-positiva (e non solo) e capaci di ottenere efficacia terapeutica e vantaggi di sopravvivenza mai visti prima. E per finire, l’utilizzo dei PARP-inibitori nel trattamento della malattia con le mutazioni genetiche dei geni BRCA1 e BRCA2. Questo solo per dire alcune delle principali aree di innovazione terapeutica che hanno permesso un vantaggio nella vita concreta di queste pazienti affette da carcinoma mammario metastatico.

La Lombardia è la Regione che accoglie alcuni dei principali centri di ricerca oncologica del Paese e offre opportunità di terapia sperimentale che non sempre sono disponibili diffusamente sul territorio nazionale. In questo Lombardia gioca la sua eccellenza terapeutica e sanitaria, ma porta anche il peso di una responsabilità verso il Paese, che è quella di essere traino per molte delle ricerche cliniche nell’ambito anche del tumore metastatico con l’obiettivo è che queste ricerche possano risultare esportabili su tutto il territorio nazionale in una logica di sostenibilità e accesso universale alle cure più efficaci.

Quali sono le possibilità di trattamento e qual è il ruolo di multidisciplinarietà e continuità tra Ospedale e Territorio?

 

Anche nella cura del tumore mammario metastatico è centrale l’approccio multidisciplinare nell’affrontare la malattia.

Oggi sappiamo che, accanto alle terapie farmacologiche, sono essenziali alcuni altri fattori che promuovano il vantaggio terapeutico complessivo. Il primo riguarda la diagnostica: sempre più affinata e avanzata, capace di conoscere le caratteristiche individuali di malattia per offrire possibilità di cure sperimentali o innovative. Una diagnostica avanzata che si basa  tanto sulle nuove tecnologie di immagine (PET, RM) quanto sulla diagnostica molecolare, capace di riconoscere varianti genetiche speciali all’interno della patologia neoplastica. E poi c’è la parte chirurgica, radioterapica e dei trattamenti loco-regionali. Inoltre ci deve essere l’apporto delle cure infermieristiche e delle terapie ancillari o complementari che possano migliorare la qualità della vita delle pazienti. Accanto al supporto psicologico: la persona deve mantenersi all’interno del tessuto famigliare, sociale e lavorativo. EUSOMA che raccoglie le indicazioni della Società Europea di Senologia, e definisce i criteri di qualità delle cure senologiche, richiede che la maggior parte delle pazienti affette da tumore al seno metastatico possano esser valutate nel contesto di un team multidisciplinare, affinchè venga disegnato il miglior percorso terapeutico individuale.

Anche la possibilità di ingaggiare, fin dall’inizio, i caregiver e le associazioni dei pazienti contribuisce alla qualità delle cure e a un passaggio di consapevolezza che deve essere reso disponibile.

In questa logica di multidisciplinarietà, bisogna considerare, non ancora adeguatamente valorizzato, il rapporto ospedale-territorio e il coinvolgimento del medico di medicina generale, dell’infermiera di territorio. In alcune esperienze , le cure palliative sono un’espressione già avanzata di gestione territoriale dei pazienti che non hanno più delle chance di terapia attiva oncologica ma devono ricevere le migliori cure per controllare i sintomi e avere una protezione nelle fasi finale della malattia. Accanto alle cure palliative, ci sono cure che permettono al paziente di non rivolgersi all’ospedale, aumentando le possibilità di cura di prossimità che avvantaggia i familiari e i caregiver. Un modo di riassegnare un ruolo centrale alla medicina generale e alla rete di strutture e case di cura di comunità, in modo da alleggerire il carico ospedaliero.

Il rapporto ospedale-territorio è una delle stelle polari dei tentativi che sono in corso a livello di riforma regionale e nazionale. E certamente, questa iniziativa se adeguatamente supportata e accompagnata da una cultura diffusa di gestione condivisa della patologia, può rappresentare un vantaggio per i pazienti.

 

Qual è l’importanza della prevenzione, della sensibilizzazione e di una corretta informazione sul tema? Pensiamo ad esempio agli screening e alla diagnosi precoce.

 

Tutti i meccanismi di screening di prevenzione della malattia sono già superati dai fatti quando una malattia mammaria si prsenta come metastatica. E tuttavia bisogna dire che la sorveglianza oncologica, nella fase in cui la malattia non si è ancora manifestata a livello metastatico, costituisce uno degli sforzi che l’oncologia sta affrontando. Ossia la capacità di un’anticipazione diagnostica nella fase post-chirurgica e di terapia precauzionale. Grazie alle nuove tecnologie, si è in grado di calibrare i trattamenti adiuvanti proposti alle paziente. In quello che viene chiamato il follow-up, assistiamo a nuove opzioni di sorveglianza e anticipazione diagnostica di della malattia, nella speranza di un vantaggio terapeutico e di sppravvivenza. Un cambio di paradigma rispetto a un’attitudine minimalista di follow up che però deve ancora dimostrare tutti i vantaggi attesi. Quello che oggi è già chiaro e che non tutte le pazienti debbano ricevere lo stesso follow-up: dovremmo imparare a personalizzare e individualizzare il tipo di sorveglianza, selezionando i migliori percorsi di sorbeglianza in base al rischio di ricorrrenza oncologica atteso.