Innovazione in sanità? Può fare rima con accessibilità. Senza essere – per forza di cose, o per chiunque – uno stravolgimento tecnologico a cui l’utenza non riesce nemmeno a tenere il passo. Ne è convinto il professor Stefano Carugo. Associato di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare all’Università degli Studi di Milano, Direttore di Unità Operativa Complessa dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Responsabile per la Regione Lombardia della Società Italiana di Cardiologia, Carugo è stato per l’intero periodo della pandemia il referente del sistema Hub&Spoke per la rete STEMI di Regione Lombardia (ST-elevation myocardial infarction, l’infarto miocardico).

Ha visto arrivare in ospedale – o spesso non arrivare – “pazienti che non avevano preso le medicine e si sono fatti gli infarti a casa”. Altri con “dolore toracico” che sotto valutavano il quadro ritardo l’accesso con “serie complicanze”. O ancora “Scompensi cardiaci che sono peggiorati”. È accaduto nei mesi in cui le cardiologie venivano trasformate e cambiando nome, dalla sera alla mattina, per diventare pneumatologie e far fronte all’ondata.
Il Covid? “Ha colpito prima i polmoni e poi il cuore”. È un virus che “lo fa con modalità subdole – ha detto Carugo a True Pharma lo scorso 28 maggio a margine dell’evento “Salute Direzione Nord – Turning Point” dove è intervenuto in qualità di relatore –. Non ce ne si accorge. Lo si scopre con uno o due mesi di ritardo perché continua a mancare il fiato e apprendiamo, come è successo in una mia giovane paziente di 35 anni, che ha il cuore dilatato”.
“Si parli anche del futuro del welfare”
Prova a contrastare tutto ciò con l’innovazione tecnologica e la nuova prassi di telemedicina e teleconsulto che permette il monitoraggio da remoto dei pazienti e lo scambio di informazioni e dati a distanza fra specialisti? Sì.
Telemedicina, l’innovazione sanitaria per il futuro
Poi però il capitolo sulla telemedicina arriva per forza. “Ora è necessario recuperare tutte quelle visite che sono saltate e o sono state dilazionate in pandemia” e “indubbiamente una delle poche cose buone che il Covid ci lascia è la telemedicina, la tele trasmissione del dato che aiuta nel tenere sul territorio chi è possibile trattare fuori dall’ospedale, la possibilità di seguire i pazienti al domicilio”.
Nel pieno dell’emergenza è “bastato anche un banale telefonino e invece noi oggi sappiamo che la telemedicina nel post Covid sarà uno dei filoni con lo sviluppo più importante”. Carugo e il suo tema l’hanno utilizzata prima in ospedale al San Paolo di Milano, poi al Policlinico. “Nei primi mesi del Covid in cui i pazienti si facevano l’infarto a casa, avevano il dolore toracico e non si recavano in ospedale o arrivavano troppo tardi, anche solo il fatto di avere qualcuno che ti potesse fornire una risposta telefonica o con facetime è stato davvero utile”.