Home Esclusiva True La Nuova Caledonia è una polveriera. L’eredità coloniale francese e lo strano ruolo dell’Azerbaijan

La Nuova Caledonia è una polveriera. L’eredità coloniale francese e lo strano ruolo dell’Azerbaijan

La Nuova Caledonia è una polveriera. L’eredità coloniale francese e lo strano ruolo dell’Azerbaijan

Perchè leggere questo articolo? Quello che sta succedendo in Nuova Caledonia, isolotto vicino all’Australia sotto il controllo francese, è ormai sotto gli occhi di tutti. Rivolte, proteste, feriti e morti. A tal punto che la stessa Francia ha dovuto mobilitare l’esercito, inviando altri tremila soldati per cercare di placare la situazione. Ma cosa sta succedendo veramente in Nuova Caledonia? E perché gli indipendentisti sventolano le bandiere dell’Azerbaijan? Il giornalista Davide Bartoccini, esperto dell’area e analista militare, a true-news.it: “Strascichi dell’era coloniale, ma chi vuole l’indipendenza è una minoranza”. Lo strano ruolo dell’Azerbaijan spiegato. L’intervista

La “situazione tesa” che vive la Nuova Caledonia

“La situazione in Nuova Caledonia continua a essere tesa”. così Davide Bartoccini, esperto dell’area e analista militare. E la vera dimostrazione di questo clima agitato è la volontà del presidente Macron di viaggiare fino a Numea, la capitale. “Un blitz che segue le orme di François Mitterrand durante la crisi del 1985”. Ma non solo. “È anche un’occasione, possiamo credere, per lanciare un messaggio politico a questa collettiva d’oltremare che in parte vuole rimanere legata alla Francia e non nutre desideri indipendentisti unanimi, come invece spesso accade”, ha aggiunto.

Le rivolte sostenute da una minoranza della popolazione neocaledone

Non tutto il popolo neocaledone infatti sostiene queste rivolte. “A sostenere la rivolta sono infatti gli abitanti ancestrali delle isole e una fascia giovanile movimentista”, ha commentato il giornalista. I motivi di queste proteste sono evidenti. “Sono in disaccordo con la politica francese che vorrebbe concedere maggiori diritti di voto ai residenti “francesi”, a discapito dei canaques autoctoni delle isole al largo dell’Australia”. Tutto questo approccio quindi non è nient’altro che “un lungo strascico della vecchia questione coloniale che non ha mai abbandonato la Francia e il suo vecchio impero che oggi vede ancora degli avamposti. Essenziali nel Pacifico”, ha aggiunto Bartoccini. Rassicurazioni sulla situazione arrivano però direttamente da Parigi. “Il primo ministro Gabriel Attal, impegnato in una mediazione tra “lealisti e separatisti” ha comunque assicurato che la situazione sta iniziando a migliorare”.

Lo strano ruolo dell’Azerbaijan nelle proteste

Le tensioni in Nuova Caledonia assumono connotazioni più complesse quando entra in gioco la questione “Azerbaijan”. I rapporti tra Francia e Azerbaijan sono infatti tesi da anni. Dal 2022 il loro scontro è diventato ancora più acceso a seguito del supporto francese alla causa armena. Il governo francese è quindi convinto che, a seguito di queste rivalità, il governo azero stia cercando di interferire con la politica interna neocaledone appoggiando i partiti indipendentisti. “È sempre inopportuno confermare delle accuse senza informazioni certe o una fonte d’intelligence accreditata che personalmente non possiedo”, ha commentato Bartoccini. “Certo è che i rapporti tra Parigi e Baku non sono migliorati dal 2023 per via della guerra del Karabakh che vede la Francia di Macron sbilanciata dalla parte di Yerevan e dell’Armenia messa da parte da Mosca”.

I motivi delle “interferenze” azere

“È stata segnalata la presenza di agenti azeri”. Quello però che non si sa con certezza è se essi “siano o meno stati inviati come “agent provocateur””. Utili anche dei parallelismi con quello che succede in Europa. “Lo stesso vale per i filo-russi che sembrano interessati a portare avanti campagne di destabilizzazione in Europa e dove le potenze europee hanno interessi diretti”, ha aggiunto il giornalista. Si può quindi dire che l’Azerbaijan stia utilizzando i territori oltremare francesi per rivendicazioni personali contro la Francia? “Possiamo senz’altro dire che, oggi come ieri, la presenza di agenti esterni, il fornire un qualsiasi supporto, o foraggiare un’azione o un processo di destabilizzazione in territori controllati da un’entità considerata avversaria rappresenta un messaggio delle proprie intenzioni”, ha dichiarato. E questo non vale solo per Francia e Azerbaijan ma anche “per ogni altra potenza nel mondo”.

I movimenti di protesta e le richieste indipendentiste

Obiettivo dei movimenti di protesta in Nuova Caledonia è quindi l’indipendenza dalla Francia. “Le indipendenze, quando richieste all’unanimità e dalla maggioranza sono sempre possibili”, ha commentato Bartoccini. “Tutto sta nel vedere se sono realmente convenienti, e se in realtà non sono solo dei cambiamenti di influenza”. Lo stesso presidente del congresso neocaledone, il filo-indipendentista Wamytan, ha affermato quanto sia necessario il supporto estero per portare in alto le loro cause. Quello che necessita la Nuova Caledonia, secondo il giornalista, è però “l’ascolto del Governo di Parigi che potrebbe riconsiderare le proprie intenzioni per trovare una mediazione e scongiurare una crisi che potrebbe acuirsi ancora in futuro”.

La guerra civile in Nuova Caledonia è già una triste realtà

Un elemento di considerazione è il fatto che sono già stati portati a termine tre referendum sull’indipendenza dell’isola. Tutti e tre vinti da chi voleva restare unito alla Francia. Ma quindi la guerra civile nell’isola vicina all’Australia è un rischio è una realtà? “I video diffusi sui canali ufficiali del governo francese e dalla maggior agenzie di stampa internazionali già ci mostrano immagini da guerra civile, con automobili in fiamme, blocchi stradali, scontri violenti. Un giovane gendarme francese è morto e sono morti sei isolani che hanno preso parte alla rivolta – ha commentato Bartoccini – Tutte le immagini che vediamo girare in questi giorni sono un grande segnale che “la situazione è andata fuori da ogni controllo”. Il vero problema però potrà sorgere nel caso in cui la mediazione non dovesse portare a risultati desiderati e nel caso in cui la missione del presidente Macron dovesse fallire. In tal caso, secondo Bartoccini “si potrebbero ulteriormente intensificare le tensioni”. Cosa che però nessuno si augura.