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Non più oro. Il boom del whisky, il nuovo bene rifugio

Non più oro. Il boom del whisky, il nuovo bene rifugio

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Negli ultimi dieci anni il valore dei whisky ha fatto registrare un balzo del +375%. Investire nei distillati è sempre più conveniente e sicuro. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul nuovo bene rifugio che affianca l’oro.

Dici bene rifugio e subito il pensiero va all’oro. Eppure chi intende investire in qualcosa di sicuro, che non perde valore neppure in mezzo a una tempesta economica globale perfetta, sa che non esistono solo i lingotti. Già, perché nell’ultimo decennio in mezzo all’indifferenza generale si sono fatti strada i whisky.

Sono loro i nuovi safe-haven assets sui quali investire in tutta tranquillità senza temere svalutazioni derivanti da crisi finanziarie o economiche. Almeno a giudicare dagli ultimi numeri. Già, perché dal 2014 al 2024 il valore del mercato dei distillati è cresciuto del +374%, e cioè più di qualsiasi altra cosa possiate immaginare. Dagli orologi alle opere d’arte, dalle auto d’epoca ai diamanti, nessuno è riuscito a fare meglio di questa bevanda. Che oggi si candida a diventare il bene rifugio più interessante del panorama.

Il whisky come nuovo bene rifugio

Il whisky è diventato uno degli asset fisici più stabili sul mercato, tanto che Bloomberg lo ha definito addirittura “oro liquido“. In media il rendimento annuo di una botte di whisky pregiato è di circa il 12%. Significa quindi che ci vogliono solo 5 anni per tornare al prezzo investito, e 6 anni per realizzare un profitto.

Tuttavia, la cosa più interessante di questo bene è che il suo valore continua a crescere man mano che i distillati di whisky o le bottiglie diventano più rare. Secondo il report Global Whiskey Market Outlook 2028 pubblicato da Bonafide Research, l’intero settore potrebbe arrivare a livello globale a valere oltre i 127 miliardi di dollari entro il 2028. Numeri astronomici, soprattutto per quanto riguarda le fasce più alte di whisky adesso finite nel mirino degli investitori.

Siamo insomma di fronte al bene rifugio del momento, al bene sul quale tutti sembrano essere intenzionati a investire per proteggere (o incrementare) le proprie ricchezze. Nel 2022, ad esempio, una botte di Macallan del 1988 è stata venduta all’asta per 1 milione di sterline dopo essere stata originariamente acquistata per sole 5.000 sterline. L’interesse per operazioni simili è in aumento. Solitamente, l’idea è semplice: acquistare una o più botti di whisky, il cui prezzo iniziale oscilla dalle 2.500 alle 5.000 sterline, e aspettare che il loro valore aumenti.

Botti, bottiglie, tempo e rarità

Ma come si investe nel whisky? Quali sono le regole da conoscere? Innanzitutto, esistono due fattori chiave che determinano il prezzo del distillato: rarità e tempo. Di solito più il prodotto è raro e vecchio, maggiore è il suo valore.

Per quanto riguarda gli investimenti veri e propri, ci sono due opzioni: puntare sulle singole bottiglie o sulle botti. Investire in bottiglie è l’opzione più semplice, ma bisogna capire che si tratta di un investimento nel mercato secondario e comporta un premio, quindi qualsiasi aumento su base percentuale sarà notevolmente ridotto. L’investimento in botti è generalmente l’opzione migliore, sebbene ciò richieda l’assistenza di un broker o agente di whisky.

Eran Levine, ceo e fondatore di MyWhisky, società specializzata in investimenti nel whisky, ha spiegato cosa sta accadendo al settore: “Sappiamo tutti che il vino, invecchiando, migliora. Lo stesso vale per il whisky. Ma il fatto è che non solo migliora, diventa sempre più raro. Quindi, quando possediamo botti di whisky, col passare del tempo il whisky diventerà sempre migliore – diventerà sempre più raro, e quindi diventerà sempre più costoso”. Ed è così che il whisky si è silenziosamente trasformato nell’oro liquido del XXI secolo.

La mappa mondiale del whisky

In Italia la produzione di whisky è recentissima. Basti pensare che Puni, la prima distilleria del Paese, è stata fondata nel 2010 a Glorenza, in provincia di Bolzano. Stanno però diventando sempre più rilevanti fiere ed eventi dedicati al mondo dei whisky. Come il Milano Whisky Festival&Rum Show, che ogni anno riunisce a Milano i più importanti distributori e le più rinomate distillerie del pianeta. Per la cronaca, la Scozia è il maggior produttore al mondo, il maestro quasi inarrivabile, seguita da Stati Uniti e Canada, per quantità di commercio, e Irlanda, per qualità del prodotto.

Abbiamo usato il termine “quasi inarrivabile”, questo perché in Asia – regione caldissima per il settore – c’è chi vorrebbe superare il maestro. È il caso del Giappone, dove il whisky viene prodotto dal 1923 con uno stile simile a quello scozzese. In ogni caso, l’interesse attorno alla bevanda è schizzato alle stelle nell’intero continente asiatico. Secondo le stime contenute nel Single Malt Whiskey Market, realizzato dall’Allied Market Research, nel 2022 in Cina e India le vendite di whisky sono aumentate rispettivamente del 35 e del 44% rispetto al 2021. Il tutto mentre a queste latitudini continuano a sorgere distillerie capaci di avvicinarsi alle qualità di whisky scozzesi, irlandesi e statunitensi.