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La “bomba” del blocco del Mar Rosso sull’economia globale

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Perché leggere questo articolo: Nel Mar Rosso si può sviluppare una minaccia dirompente per l’economia mondiale. Il ricordo del costo di 60 miliardi di euro per la settimana del blocco di Suez dovuto alla Ever Given torna alla mente mentre gli Houthi lanciano missili e droni e le compagnie tornano a deviare il traffico merci via Africa.

La mossa degli Houthi yemeniti di alzare l’asticella nei lanci di missili e droni sulle navi e i cargo in navigazione nel Mar Rosso può creare danni notevoli all’economia globale. L’aumento delle compagnie occidentali e non solo che stanno bloccando i flussi merci nel Mar Rosso dopo l’aumento dei raid degli Houthi fa tornare alla mente il problema del marzo 2021, quando la nave cargo Ever Given si incastrò nel Canale di Suez. Paralizzando per diversi giorni i commerci internazionali, che per il 30% attraversano lo stretto mare tra Penisola Arabica e Africa.

Mar Rosso, un conto da 60 miliardi di euro la settimana in caso di blocco

Il costo per l’economia globale inizia a scontarsi. Oggi l’operatore britannico Bp, tra le major più importanti del petrolio, ha annunciato che non farà passare i cargo e le petroliere per il Mar Rosso finché non sarà garantita la sicurezza. Immediato il rimbalzo del greggio, su dello 0,8% in pochi minuti attorno al mezzogiorno italiano, oltre i 77 dollari al barile. Un aumento del petrolio fino agli 80-85 dollari al barile è da mettere in conto per la fine del 2023 e l’inizio del 2024 se sull’asse Oriente-Occidente si tornerà a navigare solo attraverso il Capo di Buona Speranza circumnavigando l’Africa per alcune settimane.

Il dato sta in un calcolo spannometrico ma che mette i brividi: 60 miliardi di dollari la settimana. Questa la stima dei costi di una strozzatura commerciale nel Mar Rosso fatta dalle principali compagnie di shipping ai tempi del caso Ever Given. Si sommano i costi assicurativi, quelli dei noli alternativi, quelli di spedizione e la perdita di produttività e Pil su scala globale legata alla ricerca di rotte alternative. Insomma, ogni settimana l’equivalente di due manovre finanziarie italiane. Tutto questo senza considerare gli effetti indiretti.

Mar Rosso: sviluppi che non potevano arrivare in un momento più difficile

Marco Forgione, direttore generale dell’Institute of Export & Global Trade, un organismo professionale che fornisce supporto alle imprese, ha detto al Financial Times che gli sviluppi problematici legati al caso-Yemennon potrebbero arrivare in un momento più difficile per le catene di approvvigionamento globali” colpite dalla crisi di due giganti industriali come Cina e Germania. La crisi dei flussi sull’asse del Mar Rosso arriva nella fase in cui la siccità sta causando gravi ritardi nelle spedizioni attraverso il Canale di Panama, abbassandone i livelli. “Ciò ha un impatto su ogni anello della catena di fornitura, dal produttore fino all’utente finale, e non farà altro che aumentare le possibilità che i prodotti critici non raggiungano la loro destinazione in tempo per Natale, ha detto Forgione.

Quanto detto dall’analista dell’Iegt sembra confermato dai fatti. Bp è solo l’ultima di una serie di aziende che hanno deliberato dolorosi stop. La Møller-Mærsk, che governa la seconda flotta di spedizioni di container più grande al mondo, venerdì 15 dicembre ha dichiarato di aver dato istruzioni a tutte le navi che dovevano attraversare lo stretto di Bab-el-Mandeb, strozzatura meridionale del Mar Rosso che lo collega al Golfo di Aden e separa lo Yemen occidentale controllato dagli Houthi dal Corno d’Africa, di sospendere il viaggio fino a nuovo avviso.

Alla Maersk si è aggiunta venerdì Trafigura, uno dei maggiori commercianti di materie prime al mondo. E subito dopo è arrivata la sospensione della compagnia tedesca Hapag-Lloyd, il quinto gruppo di spedizioni di container al mondo, dopo che una delle sue navi portacontainer, la Al Jasrah, è stata attaccata venerdì mentre navigava vicino alla costa dello Yemen. Nel fine settimana, dulcis in fundo, è arrivato lo stop del più grande attore dei container, Msc Mediterranean Shipping, ai passaggi attraverso il Mar Rosso.

La risposta militare nel Mar Rosso. E le conseguenze per Roma

Dieci tentativi di attacco degli Houthi a navi cargo passanti per il Mar Rosso, unitamente ai confusi attacchi verso Israele e alla minaccia di ricadute per la guerra di Gaza hanno mandato nel caos i passaggi delle merci. Tutto questo mentre la zona torna a farsi incandescente.  La Marina americana ha comunicato di aver intercettato in volo 14 droni sopra il Mar Rosso soltanto nella mattinata di sabato 16 dicembre. Un altro è stato intercettato dai mezzi della Marina britannica la notte precedente. Il ministero della Difesa di Londra ha sottolineano come si sia trattato della prima operazione di interdizione di mezzi aerei via nave compiuta dalla Royal Navy dal 1991 a oggi.

Presto anche l’Italia potrebbe essere chiamata in causa. Roma partecipa nella zona del Golfo di Aden alla missione antipirateria Eunavfor Atalanta con le navi Carlo Bergamini Luigi Rizzo, due moderne fregate missilistiche. Gli Usa stanno pensando a una forza multinazionale che possa garantire il passaggio delle navi entro il Mar Rosso e se l’escalation degli Houthi continuerà è possibile che anche Roma sia coinvolta. Del resto, la tutela dei commerci è vitale per l’interesse economico globale. E il durissimo conto che gli attacchi degli Houthi possono far pagare all’economia globale appare una minaccia difficilmente sopportabile dai Paesi più avanzati in questa fase. Il cui peso reale è ancora tutto da dimostrare, ma si preannuncerà durissimo.