Home Economy I cervelli continuano a essere in fuga. I dati Istat su un rientro che non c’è

I cervelli continuano a essere in fuga. I dati Istat su un rientro che non c’è

I cervelli continuano a essere in fuga. I dati Istat su un rientro che non c'è

Perché leggere questo articolo? Non c’è nessun rientro di cervelli. Il Report Migrazioni Istat mostra come il saldo dei laureati dei giovani laureati è ampiamente negativo. Per un under40 che torna in patria, ce ne sono più di due che lasciano il Paese.

I cervelli che ritornano dovranno pagare le tasse, ma continuano a essere pochi. Il governo sta valutando di ridurre con la Manovra 2024 le agevolazioni fiscali previsti dal Decreto Crescita del 2019 per chi torna in Italia dopo un periodo di lavoro all’estero. La detassazione – che in alcuni casi arriva al 90% del reddito – non dovrebbe essere retroattiva per chi ne usufruisce già, ma andrà a colpire chi rientra a partire dal prossimo anno. In ogni caso, i cervelli di rientro continuano a essere molti meno di quelli in fuga. Lo conferma il Report Migrazioni Istat.

I cervelli in fuga continuano a essere molti più di quelli di rientro

Il documento che l’Istat ha redatto lo scorso anno e relativo al 2021 mostra come il saldo tra emigrazioni e immigrazione dei nostri concittadini continui a essere negativo. Nel 2021 sono rientrati in Italia 75mila cittadini italiani, mentre 95mila hanno lasciato il Paese. Più nel dettaglio, gli under40 che hanno una laureati sono la categoria direttamente coinvolta dalle agevolazioni fiscali. In Italia, questa categoria di cervelli continua a essere in fuga: circa 25mila, a fronte di poco meno di 8mila rientro.

Nel decennio 2012-2021 oltre 1 milione di italiani ha lasciato il Paese. Di questi quasi un quarto in possesso della laurea. Sono stati 337mila i giovani espatriati nella fascia 25-34 anni. In questa fascia di giovani, circa 120 mila al momento della partenza erano in possesso della laurea. D’altro canto, i cervelli rimpatriati nella stessa fascia d’età sono circa 94mila nell’intero periodo 2012-2021, di cui oltre 41mila in possesso della laurea: la differenza tra i rimpatri e gli espatri dei giovani laureati è costantemente negativa e restituisce una perdita complessiva per l’intero periodo di oltre 79mila giovani laureati.

Un trend ridotto, ma non invertito

Analizzando la tendenza complessiva del decennio, le agevolazioni hanno avuto una qualche incidenza. Nel 2021 si è osservata per la prima volta una battuta d’arresto del flusso dei cervelli in fuga. I giovani laureati tra i 25 e i 34 anni andati all’estero sono stati 14mila, il 21% in meno rispetto al 2020. Dall’altra parte, invece, è aumentato il numero dei cervelli di rientro: quasi 8mila, il 30% in più del 2020.

Il calo dei cervelli in fuga e l’aumento dei giovani laureati che dall’estero decidono di tornare in Italia mostra una decisa riduzione del trend. Che comunque rimane. Il saldo migratorio tra cittadini è il più basso registrato nel decennio. Sono “solo” 7mila i giovani laureati in meno di che il nostro paese ha ceduto ad altri. Solamente nel 2020 si è toccato il picco con un saldo negativo di quasi 15mila unità.

Cosa prevede il nuovo decreto sul rimpatrio dei cervelli

Il decreto legislativo stabilisce che manager, professionisti e lavoratori con un alto tasso di formazione che rientrano in Italia dal 2024 “potranno beneficiare di una riduzione della tassazione del 50%, entro un limite di reddito di 600mila euro”. Tale limite prima non era ed è stata introdotta una riduzione. I primi sconti ai cervelli che rimpatriano sono del 2004, per ricercatori e docenti universitari. Si sono aggiunte agevolazioni nel 2015 e nel 2019, estendendo la platea. Il governo Conte II introdusse benefici per i lavoratori che hanno trascorso almeno due anni all’estero ma decidono di lasciare la residenza fiscale in Italia per almeno altri due anni. Secondo il nuovo provvedimento lo sconto sarà del 50 per cento, e non ci saranno agevolazioni per le regioni del Sud. La misura sarà applicabile per i lavoratori in possesso dei requisiti “di elevata qualificazione o specializzazione che non risultano essere già stati residenti nel nostro paese nei tre periodi d’imposta precedenti al conseguimento della residenza”. E non basteranno più solo due anni di residenza fiscale in Italia, ne serviranno cinque, altrimenti i lavoratori dovranno restituire le agevolazioni, pagando gli interessi.

Leggi il Report Migrazioni Istat sulla fuga e il rientro dei cervelli