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Branca, una dinastia da Milano al cuore del Sudamerica

Branca, una dinastia da Milano al cuore del Sudamerica

Perché leggere questo articolo? In tempi di conteziosi tra grandi casate imprenditoriali, Branca è una grande romanzo familiare. Il Fernet da Milano alla conquista del mondo

Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo. La massima di Tolstoj in Anna Karenina vale, se possibile, nel mondo della grande imprenditoria italiana. In questi tempi tante “casate” industriali che hanno reso celebre l’Italia nel mondo conoscono tensioni e contenziosi. Dagli Agnelli ai Caprotti. Esiste però una realtà, internazionale ma a conduzione familiare, che prosegue felicemente il suo percorso. Branca è una grande romanzo familiare, che da Milano nei decenni (ma è davvero il caso di dire nei secoli) si è aperto al mondo.

Branca, storia di un simbolo di Milano nel mondo

Con le reclame pubblicitarie, la torre e il museo, Branca è diventato un simbolo meneghino. Così come il suo Fernet è un’icona in America Latina. Una storia che comincia nel 1845, quando Milano erano ancora austriaca. Il Risorgimento è alle porte, così come la Rivoluzione industriale. Bernardino Branca, classe 1802, è un farmacista autodidatta, che precorre i tempi. Nella sua piccola bottega domestica in corso di Porta Nuova inventa un amaro tonico a base di erbe officinali. Nasce il Fernet, da “fer net” che nella lingua dei Ferragnez significa “ferro pulito”, quello della piastra rovente per la preparazione del liquore.

Il Fernet-Branca in breve spopola, iniziando quel legame profondo con la “locomotiva d’Italia”. Nasce un primo opificio (si chiamavano ancora così le fabbriche) e una società. La Fratelli Branca, in cui entrano anche i figli di Bernardino, che morirà nel 1886. A Italia finalmente unita, con un mercato tutto da sfruttare. E la Branca non ci mette a farsi conoscere nel Paese. Già nel 1861, anno di proclamazione del Regno, viene premiata con una medaglia d’oro all’Esposizione nazionale di Firenze. Poco dopo partecipa alle Esposizioni internazionali (si chiamavano così gli Expo) di Londra (1862), Parigi (1867) e Vienna (1873).

Fernet, lo spirito più bevuto nei peggiori bar e dai migliori cavalli del Sudamerica

In un mondo in continuo cambiamento, come quello della Belle Époque, serve qualche punto fisso. Il Fernet-Branca è lo stesso dall’Ottocento. Una ricetta identica e (apparentemente) segreta di 27 erbe, radici e spezie, provenienti da quattro continenti diversi. In uno dei Nuovi Mondi, il primo prodotto di casa Branca ha un successo portentoso. Il Fernet in Argentina è un’icona. Un vero e proprio ponte tra Nuovo e Vecchio Continente.

I migranti italiani iniziarono a portarsi dietro scorte di Fernet Branca per la lunga traversata in nave per le Americhe. Quell’infuso di alcol ed erbe medicinali che Bernardino Branca aveva pensato per risolvere i problemi di chi soffre di stomaco, tanto da destinato alle prime farmacie e alle prime drogherie di Milano, ha successo nei porti dove approdano “los Tano”. Così chiamano i nostri connazionali in Argentina, il paese che ha eletto il Fernandito a bevanda nazionale.

“Il nostro mercato principale oggi è rappresentato dall’Argentina, dove esiste da tempo la seconda azienda della società”. Così ha dichiarato di recente intervista al Corriere, Niccolò Branca, erede della dinastia, conte e amministratore delegato della Branca. “In Argentina l’abbinamento con la Coca Cola è diventato una sorta di bevanda nazionale. Ho scoperto anche una serie di usi diversi del nostro amaro, come nel caso di un consorzio agrario in cui vendevano il Fernet per integrare l’alimentazione di mucche e cavalli. Dicevano che, miscelato con erba e fieno, serviva a mantenere in buon ordine lo stomaco degli animali”.

Branca, simbolo di Milano nel mondo

Un altro Bernardino Branca, nipote dell’omonimo fondatore, nel 1918 trasforma la Branca in società per azioni con un capitale di sei milioni di lire, aumentato pochi mesi dopo a quindici milioni. Mentre la rete distributiva si potenzia, in Italia e all’estero, l’azienda diviene un simbolo della città in cui tutto è partito. Nel 1905 viene registrato ufficialmente il marchio dell’azienda – un’aquila ad ali spiegate che artiglia una bottiglia con il mondo sottostante. Un logo destinato a durevole notorietà, ideato dal pittore Leopoldo Metlicovitz, esponente del Liberty e uno dei padri del moderno cartellonismo pubblicitario italiano. L’aquila Branca diventa un’immagine simbolo che sovrasta le vie dello shopping milanese.

Molto della visione del Novecento che ci è arrivata si ricollega alla città di Milano. Negli anni Trenta, nell’allora radura del Parco Sempione viene costruito una torre che si staglia tuttora come landmark, progettata da Gio Ponti e composta totalmente in tubi Dalmine, di acciaio speciale, flangiati e imbullonati. Il “totem” – alto ben 108,60 metri – vuole essere considerato un simbolo “in cui l’architettura moderna e la tecnica nuova trovano un punto di contatto”. La torre sottilissima, con sezione esagonale, per l’epoca rappresenta una grande scommessa ingegneristica. Viene alzata in soli due mesi e mezzo e inaugurata in occasione della V mostra Triennale del 1933, insieme a sei grandi “archi isolati” temporanei, progettati da Mario Sironi.

Considerata inagibile dal 1972, nel 1985 viene firmata una convenzione fra il Comune di Milano e Fratelli Branca Distillerie – il cui motto è da sempre “Novare serbando” – per la “concessione per un periodo di anni 29 dell’esercizio in esclusiva della Torre del Parco quale corrispettivo dell’esecuzione a cura e spese della società dei lavori di ripristino della struttura”. La società si impegna quindi a restaurare e a mantenere il famoso architettonico tanto caro ai milanesi e che ora porta il suo nome. Nel 2002 la Torre Branca viene riaperta permettendo di nuovo ai cittadini di vedere il panorama dall’alto, o di incontrarsi e intrattenersi nel locale belvedere coperto.

L’aquila della famiglia Branca continua a volare

Quasi 180 anni e cinque generazioni dopo la storia dei Branca continua. Un gruppo che nel rapporto 2022 di Mediobanca segna un fatturato reale cresciuto del 37%. Parliamo di 420 milioni di euro e un export dell’85,2 per cento sviluppato in 160 Paesi. Il merito è di una ventina di marchi di Spirits con 60 milioni di bottiglie l’anno (a Branca e Branca Menta si sono si sono aggiunti Candolini, Carpano, Punt & Mes e Caffè Borghetti). I dipendenti sono ormai oltre trecento e dal 2009 è possibile visitare la Collezione Branca, vero e proprio museo che propone un percorso tra materie prime e i vecchi strumenti usati nelle lavorazioni degli infusi. Questa è la storia di un amaro nato quasi due secoli fa, prima dell’unità d’Italia, e di una città che lo considera un po’ il suo liquore simbolo, capofila di un’azienda quasi geneticamente collegata al luogo di nascita. Perché da corso di Porta Nuova e dal primo stabilimento alle Varesine, nel 1907 l’azienda si trasferisce in via Resegone, dove si trova tuttora, sì e no quattro chilometri dalla prima storica sede. L’aquila Branca continua a volare sul mondo.

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