Home Economy Sì, il diesel potrebbe arrivare a 2,5 euro al litro. Ma il vero problema è un altro

Sì, il diesel potrebbe arrivare a 2,5 euro al litro. Ma il vero problema è un altro

Sì, il diesel potrebbe arrivare a 2,5 euro al litro. Ma il vero problema è un altro

Perché leggere questo articolo: Per capire quanto una fiammata del diesel a 2,5 euro al litro sarebbe sicuramente una batosta. Ma destinata a non durare troppo a lungo. Mentre la vera minaccia sarebbe un’ondata di panico da inflazione capace di perturbare i mercati, soprattutto la Gdo.

Il diesel a 2,5 euro al litro? Non è più una prospettiva che esiste solo nelle più cupe previsioni del Codacons. Ma un rischio reale. Capace di imporre un tributo notevole all’economia italiana.

Perché il diesel può esplodere

Da lunedì 6 febbraio è scattato in Europa l’embargo al petrolio e ai prodotti raffinati provenienti dalla Russia. Tale mossa priva l’Ue di circa un milione di barili al giorno di risorse. L’Italia ha una capacità di raffinazione dei prodotti complessi molto elevata e riceveva dalla Russia solo il 5% del suo gasolio. Ma la prospettiva di rincari europei nel diesel stringeranno le dimensioni del paniere e faranno nascere una competizione nel mercato europeo per accaparrarsi le risorse a disposizione.

In autostrada le pompe potrebbero “prezzare” il diesel oltre i due euro e cinquanta centesimi. Nuova soglia psicologica dopo che la popolazione italiana si è abituata al superamento dei due euro al litro.

Il costo del diesel a 2,5 euro al litro: cento milioni alla settimana

Mediamente per il diesel i consumatori italiani dotati di macchine di questo tipo hanno speso 1.009 euro per vettura. Lo rivelano i dati del recente studio del comparatore online Facile.it, che ha esaminato il prezzo dei carburanti in 12 nazioni dell’Unione europea basandosi sui dati pubblici a disposizione. Essendo le auto diesel il 42,8% del parco-auto italiano, ovvero 18,23 milioni di vetture, questo significa che la spesa per il diesel nel 2022 è stata pari a 18,4 miliardi di euro. Una media di 1,532 miliardi al mese, contando i mesi di sospensione di buona parte dell’accisa.

La spesa media al litro è stata, nel 2022, di 1,814 euro. Un’ipotesi massimale di salita a 2,5 euro per la crisi europea delle disponibilità imporrebbe un aumento del 27,41% della spesa a 1,952 miliardi di dollari al mese. In altre parole, gli italiani spenderebbero 105 milioni di euro in più alla settimana per ogni settimana di durata della crisi dei prezzi del diesel. Lo stato incasserebbe 23 milioni di questi extracosti.

La minaccia rincari sulla Gdo

Supponendo una crisi con un picco di prezzo di un mese, non si tratterebbe di un danno insormontabile. Il problema sarebbe più grave verificando le conseguenze della crisi del diesel su altri due fronti: distribuzione prodotti e inflazione. Essendo buona parte della spesa delle famiglie aumentata per l’inflazione alimentare del carrello della spesa, il caro-trasporti imposto dall’aumento del diesel può portare la grande distribuzione organizzata a scaricare ulteriormente sui consumatori finali i costi dei prodotti.

Il carrello della spesa italiano è stato più pesante di 13 miliardi di euro nel 2022. L’inflazione acquisita è stata però, sulle vendite dei beni alimentari calcolate dall’Istat, pari al 4,7% annuo a dicembre. Se l’inflazione arrivasse a pareggiare anche nel carrello della spesa quella reale, promossa dai costi energetici, tra il 9 e il 10%, consolidato potrebbe raddoppiare e sfiorare i 30 miliardi. Un valore superiore all’impegno di risorse del governo-Meloni per contrastare il caro-bollette.

La vera minaccia è il panico

Si tratta ovviamente di scenari ipotetici legati a due fattori. In primo luogo, la premessa che le fiammate di prezzi su diesel o benzina rare volte superano il mese di durata, come testimoniato dai dati del Ministero della Transizione Energetica, mentre diversa è la questione per l’inflazione strutturale. Che a sua volta genera comportamenti diversi sul piano dei consumi e della società. In secondo luogo, l’effetto-valanga è legato alla percezione o meno di un pericolo per la tenuta economica del Paese. E dunque passa anche per la capacità di un esecutivo di rassicurare cittadini e imprenditori che una fiammata del prezzo del diesel non necessariamente trasformerà il gasolio in un bene di lusso. Il rischio di sistema è vedere cibo e benzina diventare la parte maggioritaria della spesa delle famiglie italiane in termini assoluti, e non più solo relativi. Segno che indicherebbe il de-sviluppo del Paese.

Compito del governo Meloni è garantire priorità alle capacità di raffinazione nazionale, a partire dall’impianto ex russo di Priolo, e al sostegno alla distribuzione di diesel nei punti di vendita nazionali. Per evitare, prima ancora della fiammata che appare scontata, ricadute di panico sistemico. Capaci di far sentire i loro effetti anche ben oltre il perimetro della crisi dei prezzi del diesel che può seguire all’embargo. Essere pronti a gestire lo scenario di un diesel a 2,5 euro al litro è il miglior modo per evitare che si materializzi. Anche così va, del resto, il mercato.