Home Politics Macron fa la voce grossa sull’atomica: quanto è grande il “bottone rosso” francese?

Macron fa la voce grossa sull’atomica: quanto è grande il “bottone rosso” francese?

Macron fa la voce grossa sull'atomica: quanto è grande il "bottone rosso" francese? Emmanuel Macron 10 cose da sapere

Il presidente francese Emmanuel Macron di recente, nel suo braccio di ferro a distanza con il capo di Stato russo Vladimir Putin, ha reagito all’evocazione dell’arma atomica da parte di Mosca ricordando che anche Parigi possiede una forza e una dottrina nucleari. In particolare, Macron ha messo bene in chiaro il possesso da parte di Parigi di un arsenale, la Force de dissuasion, basato su componenti navali e aeree con cui Parigi può garantire, unica potenza dell’Unione Europea, deterrenza e copertura alla sua proiezione militare.

Da De Gaulle a Macron, il valore strategico del nucleare per Parigi

Con 290 testate atomiche, la Forza Nucleare Francese, che fa parte del comando delle forze armate francesi, è infatti la quarta più grande forza nucleare al mondo, seguendo la triade nucleare degli Stati Uniti, della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese.

La storia della Francia “atomica” compie quest’anno settant’anni. Nel 1954, sotto la Quarta Repubblica, l’amministrazione di Pierre Mendès-France decise di dotare la Francia di armi nucleari.

Quando il generale Charles de Gaulle tornò al potere nel 1958, consolidò questa visione iniziale nel concetto di una Force de Frappe (“Forza d’urto”) completamente indipendente. Questa forza avrebbe dovuto proteggere la Francia da un attacco sovietico o straniero, indipendentemente dalla struttura della Nato, che de Gaulle riteneva fosse troppo dominata dagli Stati Uniti.

L’atomica francese, ieri e oggi

Il concetto strategico alla base della Force de Frappe è quello del controvalore, ovvero la capacità di infliggere danni così gravi alla popolazione di un potenziale avversario da dissuaderlo dall’attaccare, indipendentemente dalla quantità di distruzione che può infliggere. Questo principio è solitamente indicato nel dibattito politico francese come dissuasion du faible au fort (“deterrenza dal debole al forte”).

Da allora il deterrente atomico è considerato un “patrimonio comune”, trasversale nel concetto strategico francese. Rappresenta l’assicurazione sulla vita di Parigi e uno strumento di potenza con cui oggi la Francia parla alla Russia, principale rivale strategica, con la speranza di essere…ascoltata. Un tentativo di alzare la posta dopo le scoppole subiti dagli alleati di Parigi nella serie di golpe di regimi filo-russi in Africa e dopo che in Ucraina Macron ha giocato la carta del contenimento di Mosca paventando l’invio di truppe in caso di extrema ratio.

Nel mondo cominciano a suonare tamburi di guerra e nell’Europa che si rimobilita per la guerra e aumenta le spese militari Parigi non disdegna di rivendicare un ruolo di leadership. Quello che altri Paesi, come la Germania, hanno conquistato con l’economia e l’industria appare un ruolo messo in discussione ora che la forza militare è tornata chiave nella gerarchia degli Stati.

Il deterrente atomico aereo e navale su cui Macron può contare

La Francia di Macron può contare, come anticipato, sulla componente aerea e navale del deterrente atomico, avendo dismesso quella dei missili balistici basati a terra. I cacciabombardieri Rafale, costruiti dalla francese Dassault, garantiscono la possibilità di trasportare i missili Air-sol moyenne portée (ASMP) a medio raggio. Sono anche imbarcabili sulla portaerei nucleare Charles de Gaulle. La strategica componente sottomarina, invece, è affidata ai quattro sottomarini classe Triomphant, ognuno dei quali può trasportare sedici missili balistici M51 dotati di proiezione a lungo raggio.

Insomma, parliamo di un deterrente credibile il cui maggior peso, oggigiorno, è di matrice politica: Macron sa che in quanto membro del club atomico la Francia ha una proiezione di potenza che le affida una possibilità operativa e mani libere maggiormente in grado di muoversi rispetto a quelle di altri Stati del Vecchio continente. Quanto questo potrà contribuire a far ascoltare la voce di Parigi a Mosca è tutto da vedere. Ma c’è un risultato già chiaro: buona parte dell’Europa ritiene che Macron, con la sua postura, parli soprattutto pro domo sua e non vuole un’escalation, nemmeno retorica. Forse Macron ha ricordato al mondo la forza della Francia. Ma a prezzo, con il “gioco” atomico dei giorni scorsi, di far sentire come sgradito il peso militare europeo di Parigi.