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Alberto Negri a tutto campo: “In Ucraina e Gaza si stanno combattendo due guerre del passato”

NEGRI

Perché leggere questo articolo: Storia, memoria, geopolitica delle guerre di oggi. Con Alberto Negri parliamo della portata globale dei conflitti in Ucraina e a Gaza, ma non solo.

“In Ucraina lo stallo sul campo è palese, ormai sembra di esser tornati alla Grande Guerra”, dice Alberto Negri commentando la percezione di un appiattimento degli esiti del conflitto di fronte all’esaurimento della spinta propulsiva dell’offensiva di Kiev. Parlando con True-News il giornalista aggiunge:  “Ma invito a ragionare a tutto campo: le due guerre che oggi si stanno combattendo e sconvolgono il contesto internazionale, quella tra Russia e Ucraina e quella a Gaza, sono due guerre del passato”. Sempre attento osservatore delle dinamiche globali, lo storico inviato de Il Sole 24 Ore, oggi firma de Il Manifesto, invita a una riflessione profonda.

Negri: “Passato usato per regolare conti”

Negri, in che senso ritiene le due guerre ancorate al passato?

“Russi e ucraini in Europa, israeliani e palestinesi in Medio Oriente sono popoli che sembrano vivere in un tunnel: vivono ancorati a un’idea di passato usato non per costruire il futuro ma per regolare conti, alimentando ulteriori tragedie”.

Un circolo vizioso pericoloso…

“Si, la storia è importante ma serve per guardare al futuro. Deve essere la luce che permette di uscire da questo tunnel, non la giustificazione per perdersi al suo interno. Fino a prima del 24 febbraio 2022 sfido io a trovare chi avrebbe saputo distinguere un russo e un ucraino nella nostra popolazione, mentre ora Mosca e Kiev combattono una battaglia esistenziale. Per non parlare della guerra tra Israele e Palestina!”

Israele si richiama alla Shoah, i palestinesi alle tragedie del passato. Se ne può uscire?

“Sarà difficilissimo se continueremo così. Gli ebrei vivono con il ricordo continuo del dramma storico dell’Olocausto. Gli arabi hanno in mente la tragedia della Nakba, la cacciata dei palestinesi dalle loro terre avvenuta nel 1948. Dopo quattro-cinque generazioni pensavamo che il ciclo continuo dell’odio si potesse spezzare e grandi intellettuali dell’una e dell’altra parte hanno invitato a farlo. Invece, come in Russia e in Ucraina si sta consolidando un trend in cui le tragedie si accumulano e si alimenta un sentimento di vendetta. Le vittime, in quest’ottica, sono al tempo stesso carnefici, e viceversa…”

“Le vittime sono a loro volta carnefici”

In che misura?

“Oggi molte volte le vittime sono a loro volta carnefici perché raccontano molto delle sofferenze che avevano visto e vissuto, e questo spinge a vivere nel passato. Rischiamo di entrare in un meccanismo infernale e problematico che mi riporta alla mente un episodio successo negli Anni Novanta, quando mi recai nei Balcani durante la guerra nella ex Jugoslavia assieme a Paolo Rumiz. In un villaggio croato della Bosnia sapevamo esserci stato un massacro di civili. Ci recammo in un vicino villaggio serbo dove ci fu comunicato che il massacro di croati non era stato l’unico. Stupiti, perché non ne avevamo avuto notizia, chiedemmo spiegazioni. Fummo guidati al cimitero: erano conservati i corpi dei caduti durante un eccidio del 1942, mezzo secolo prima. Per questo intendo che spesso l’uso politico della memoria arriva a creare problematiche”.

Un contesto che da noi sembra dimenticato…

“Già. Personalmente, ricordo l’esempio di mio padre. Aveva vissuto la guerra di Russia ma non mi raccontò mai nulla degli orrori che aveva visto. Incentivava la mia conoscenza della storia perché io fossi cosciente, critico e capace di capire il mondo, ma non volle mai far gravare su di me il peso del suo fardello di ricordi drammatici. La sua è stata una grande lezione sull’uso corretto della memoria e del ricordo del passato, che deve essere costruttivo e orientato al futuro, non al regolamento dei problemi di oggi”.

Negri sull’Europa: “Siamo spettatori inermi”

Da noi le guerre odierne sono arrivate quasi come uno shock collettivo. Ora è corretto dire che nelle opinioni pubbliche subentri una certa stanchezza?

“Si, e non è stata certamente la dichiarazione “rubata” alla nostra premier a farcelo scoprire. Ormai è palese. Sul piano politico, la particolare questione è legata alla sovrapposizione tra i due conflitti. Negli Stati Uniti, nel quadro del maxi-pacchetto di aiuti, Democratici e Repubblicani sono convinti del sostegno a Israele, meno uniti sul tema del prolungamento del sostegno all’Ucraina. In generale le opinioni pubbliche vivono una generale frustrazione. Soprattutto in Europa, dove siamo spettatori inconsapevoli e inermi di questi grandi drammi, di fronte a cui appariamo impotenti”.

Spesso si dice che l’Europa non sa più cos’è la guerra, ma è per questo motivo?

“L’Europa non vuole più fare la guerra perché ne ha orrore e per colpa di due guerre mondiali è stata ridotta in macerie! E oggi abbiamo a che fare con l’arroganza di un mondo in cui il nostro essere spettatori acuisce la nostra debolezza”.