Home Primo Piano Welcome to Favelas: “Presto i giornali saranno come noi. La politica? Non ci interessa”

Welcome to Favelas: “Presto i giornali saranno come noi. La politica? Non ci interessa”

Welcome to Favelas: “Presto i giornali saranno come noi. La politica? Non ci interessa”

Perchè questo articolo ti dovrebbe interessare? Dal 2013 Welcome to Favelas diffonde sui social i video che ricevono dalle borgate e dalle periferie italiane. Una forma di “citizen journalism” disincantata e senza filtri, spesso al centro delle polemiche. Ne parliamo con il fondatore Massimiliano Zossolo. Che racconta come sta in piedi il progetto e come immagina il futuro. Respingendo alcune accuse: “Noi di destra? Una voce che ci danneggia”

Sociologi ed esperti di comunicazione lo chiamerebbero “citizen journalism”. Giornalismo partecipativo. Loro, meno interessati alle etichette, preferiscono parlare di “microcronaca“. La verità è che ancora oggi, a dieci anni di distanza dalla sua nascita, Welcome to Favelas resta una strana bestia social, difficile da inquadrare. Qualsiasi cosa sia, ciò che conta è che la sua rilevanza. Ed il modo in cui sta cambiando le regole del gioco. Nel mondo dell’informazione. Nella percezione di cosa sia una notizia. Nel rapporto tra media, fonti e pubblico (che finiscono per convergere e diventare tutt’uno). Nella politica, persino.

“Se succede qualcosa a Roma, i giornalisti chiamano noi e la Polizia”

“Se succede qualcosa a Roma, i giornalisti chiamano noi e la Polizia”, racconta a True-News.it Massimiliano Zossolo, fondatore del progetto. Nessuna redazione, ma un gruppo di amici che ha avviato la pagina nel 2013 senza sapere dove questo li avrebbe portati. Su Instagram, dopo svariati ban, 861mila follower (“ma molte cose oggi non le possiamo più mettere”). Su Telegram 516.452 subscriber. Su TikTok 110mila follower. La megarissa del Pincio, “scoop” del dicembre 2020 che ha fatto conoscere il profilo a tutta Italia, il gabbiano che si mangia il topo, il dipendente Atac che picchia il passeggero, le scippatrici a Milano. Cosa hanno in comune questi contenuti? Sono frammenti di quotidianità. Cose che semplicemente accadono di fronte agli occhi di una generazione che ha come riflesso automatico quello di impugnare il cellulare e premere “REC”. E poi, di inviare in tempo zero tutto a Welcome to Favelas. La condivisione sui social avviene con disincantata ed ironica naturalezza.

Welcome to Favelas: “Intere trasmissioni basano il loro palinsesto sui nostri video”

Il materiale, come noto e come è comprensibile, è spesso estratto pescando nel torbido quotidiano di borgate e periferie. E questo, specie quando i video pubblicati finiscono per diffondersi sui media più tradizionali, è stato ed è tuttora spesso fonte di polemiche e dibattito. “Noi raccontiamo quello che succede, ma veniamo spesso accusati di essere di destra. Questo non ci sta bene ed anzi ci danneggia”. Ma è una spirale difficile da spezzare: pagine come Welcome to favelas o MilanoBelladaDio sono una manna per le redazioni dei giornali online e delle televisioni, una fonte da cui sgorgano ogni giorno immagini e notizie ad effetto (e click) garantito. E a costo zero. “Ci fanno trasmissioni intere sui nostri contenuti. A ‘Fuori dal coro’ metà dei servizi sono presi da noi – spiega Zossolo – Ormai siamo in contatto con quasi tutti i direttori delle aree web delle testate. Perchè stare al gioco? Diffondono i nostri contenuti senza alterare il logo, per noi è pubblicità gratis”.

Zossolo (Welcome to Favelas): “I media tradizionali seguiranno il nostro modello”

Come si sostiene una attività del genere, che impegna quotidianamente diverse persone? “Ma infatti siamo tutti volontari che fanno anche altro per vivere, il progetto da solo ad oggi non sta in piedi”. Non esistono dipendenti e quindi nemmeno una società. Il solo marchio è stato registrato. All’autopromozione sono affiancate campagne come quella su Gofund per fare donazioni e sostenere il progetto. Ma il futuro sembra essere quello di una maggiore convergenza proprio con i media mainstream: “C’è l’intenzione di creare un progetto editoriale serio – spiega Zossolo – Ma crediamo che presto i media tradizionali si interesseranno a realtà come la nostra e vorranno comprarle. Si creeranno due linee editoriali distinte e parallele, perchè le testate hanno bisogno del tipo di contenuti che noi diffondiamo e della rapidità con cui condividiamo tale materiale. Il futuro è questo e le redazioni sarebbero totalmente miopi a non vederlo. Oggi qualsiasi 16enne con lo smartphone sa dare una notizia con giorni di anticipo rispetto a un Tg5. Abbiamo fatto scuola, anche a volte sbagliando. Ma abbiamo inventato un genere”.

La politica? “Potremmo tirare la volata per il sindaco di Roma. Ma non ci interessa”

Ed anche la politica è consapevole della rilevanza assunta da queste pagine. Ogni video pubblicato su Welcome to Favelas o MilanoBelladaDio può infatti trasformarsi in una bomba che esplode tra le mani di sindaci e assessori delle città italiane. Eppure. “I politici non ci contattano per lamentarsi. Piuttosto, se ci cercano è per capire come possono cavalcare i nostri contenuti. Ma a noi questo non interessa”. Ecco allora che certi politici cercano di mettersi in proprio “favelizzando” i loro contenuti social. Viene in mente Salvini, certo. Ma l’esempio più calzante è forse oggi quello di Francesco Emilio Borrelli, deputato dell’Alleanza Verdi-Sinistra. Una piccola ma significativa conferma di un fenomeno trasversale, che scavalca i paletti di destra e sinistra. “Ci sarebbe facile fare la volata per questo o quel candidato sindaco di Roma. Ma semplicemente non è quello che vogliamo”, conclude Zossolo.