Home Primo Piano Le non risposte di papa Francesco nell’intervista genuflessa del pretino Fazio

Le non risposte di papa Francesco nell’intervista genuflessa del pretino Fazio

Le non risposte di papa Francesco nell’intervista genuflessa del pretino Fazio

Di Sallustio Santori

Che noia, che barba. Con tutte le domande che Fabio Fazio, ossequiosamente genuflettente, avrebbe potuto porre al Papa, ben 52 minuti di quest’incontro sono dedicati a menare il can per l’aia, pratica nella quale il conduttore ligure è maestro. Ciononostante ce lo spacciano per giornalismo (ma lui all’Ordine dei Giornalisti non è più iscritto da quel dì, per cui transeat). La prima, impellente domanda: il Papa si dimetterà? E Francesco, campione di dribbling delle domande, da buon Gesuita risponde col manuale di Diritto canonico in mano: “È una possibilità”, dice, ma per ora non ha intenzione. Il grande gioco gesuitico: non sai mai che cosa pensino per davvero, certi figli di Sant’Ignazio, e Jorge Mario Bergoglio è tra questi. Prima aveva detto di aver preparato la sua tomba a Santa Maria Maggiore, di aver semplificato il rito delle sue esequie: aveva detto che avrebbe regnato fino alla morte. Ora invece siamo al solito balletto: sì, forse, no, chissà. Mah.

Terrorismo islamico non pervenuto

Si parla di guerra, di speranza, di temi “alti”. Fazio ascolta compunto, il volto che esprime serissima attenzione e che non voli una mosca mentre Francesco annuncia che parla tutti i giorni con la parrocchia di Gaza, “Quanti arabi morti lì, e quanti israeliani lì: due popoli chiamati ad essere fratelli che si autodistruggono l’un l’altro”. Ecco il solito atteggiamento gesuitico o, se preferite, da vecchia zia di Bergoglio: eh già signora mia, arabi ed ebrei non dovrebbero scannarsi tra di loro, però succede. La colpa è delle armi, eh signora mia se non ci fossero le armi non ci sarebbe la guerra.

E se non ci fossero i cervelli probabilmente non faremmo nemmeno brutti pensieri: mai, e dico mai, che il Papa abbia detto una cosa semplicissima, e cioè che Hamas è un gruppo di terroristi islamici assassini che, in nome di Dio (quel Dio che per Bergoglio “non è cattolico”), piega Dio e lo trasforma nella motivazione per andare in strada e sparare ad ogni essere umano che si muove, violentando donne nei modi più atroci, uccidendo bambini nei modi più arzigogolati. “Io non suono il violino”, dice Francesco, come a dire: sono nel mondo, non parlo di fesserie, mi occupo di cose serie. Certo, come no: però mai, dal 7 ottobre a oggi, abbiamo avuto una condanna del terrorismo religioso di matrice islamica. “Le guerre servono per distruggere, guarda le immagini da Gaza e dalla Crimea. La guerra distrugge”. Che poi Vladimir Putin sia un autocrate, che i galantuomini di Hamas abbiano nel loro statuto la distruzione e l’annientamento di Israele, questo non importa. È colpa delle armi.

Occidente sempre colpevole. Ed è sempre colpa delle armi

Andiamo avanti. In quest’intervista ossequiosa, che nei fatti non è quello che ci si dovrebbe aspettare da un servizio giornalistico (un’intervista è un garbato interrogatorio che l’intervistatore svolge in nome e per conto dell’opinione pubblica verso l’intervistato), veniamo ad apprendere che è la società capitalista a mettere i bambini ai margini della società e dunque generare violenza. È l’Occidente il maiale schifoso da condannare, quell’Occidente opulento che però grazie alla ricchezza ogni anno toglie tanti poveri dalla strada: ma di questi tempi tutto ciò che sia bianco, etero, possibilmente maschio, va condannato.

Domande per l’unde malum?, domanda sul perdono “che è un diritto”, e dunque vale anche per chi commette le violenze più efferate? “Il perdono è per tutti”, poi che per avere quel perdono si debba un po’ sudare (con qualche secolo di Purgatorio, per esempio), no. L’espiazione dei peccati non c’è più, c’è solo perdonismo di qualsiasi cosa. Dio perdonerà i produttori di armi, che sono produttori di morte: speriamo tocchi anche il cuore di quelli di Hamas, che Dio piegano per ammazzare degli innocenti. Ma anche qua, niente di tutto questo. È sempre colpa delle armi: applausi.

Ubris vs. penitenza

Le domande si susseguono, spesso con grande ingenuità religiosa: l’Atto di dolore, il concetto dei “castighi”. “Dio ti punisce”, la ubris, il karma. Tutti concetti che non c’entrano niente col Cattolicesimo: Bergoglio riprende col concetto del perdono continuo di Dio, ed arriva la domanda: “Una Chiesa che accoglie e non punisce può non piacere a coloro i quali che sul giudicare e punire hanno costruito il loro potere”. Che diamine voglia dire questa cosa non lo so, in ogni caso il Papa dice che “Dio riconoscerà i suoi”. Va bene…

Le benedizioni ai gay e la grande confusione

Finalmente siamo al punto: le benedizioni ai gay. Se non siete d’accordo, dice il Papa, venitemelo a dire. Io comunque sono solo nella mia decisione, e qui in fondo riecheggia Paolo VI (oggi Santo) nel descriversi in “posizione pinnacolare”. La benedizione ai gay è un inizio di strada, la strada che il Signore propone. Cioè, come dice il Catechismo, due omosessuali non possono essere coppia, non si può incoraggiare il matrimonio gay, un omosessuale può andare in Paradiso se non fa sesso con il suo compagno o con chicchessia. Perché nel Catechismo questo c’è scritto e questo continua a valere: in ogni caso, dice il Papa, Dio perdona tutti e lui in 54 anni ha perdonato tutti anche se nella consapevolezza che uno ci potrebbe ricadere. Ma bisogna perdonare tutto e tutti.

Ancora un dribbling, ancora la confusione. Il debole di questo Papato è nel fatto che molto spesso il Pontefice sembra fare delle “aperture” ma senza toccare la dottrina, senza nulla dire in materia di Catechismo. È l’insofferenza delle norme, del diritto, delle regole che caratterizza Francesco, il quale però viene “abbracciato forte forte” da Fazio il quale sottolinea come il Papa “ci dà conforto”. In effetti tutti gli altri loschi figuri prima di lui mettevano soggezione: meno male che ora c’è Francesco e va tutto bene.

Poi però, dopo queste belle parole restano le parrocchie, restano i preti senza un criterio pastorale che sia uno, e si trovano davanti gente che crede di poter celebrare le nozze gay in chiesa o trasformare una benedizione “di 10-15 secondi”, come l’incauto prefetto per la Dottrina della Fede cardinale Victor Manuel Fernandez (quello che ci ha spiegato di maneggiare un po’ la donna dopo l’eiaculazione, sennò le resta “appetito”), ha avuto il coraggio di affermare. Esistono dunque benedizioni con la B maiuscola ed altre da 10-15 secondi, possibilmente in qualche sacrestia o sgabuzzino così non li nota molta gente. Permetteteci di malignare.

Gli immigrati: niente da dire su Mediterranea?

Un altro grande tema: l’immigrazione. La grande crudeltà verso i migranti, la grande mafia di chi sfrutta i migranti, li tortura… Fazio guarda ispirato, si edifica nell’ascoltare dell’esistenza di un “benefattore” che ha pagato e ha fatto liberare un migrante. Cutro, i migranti annegati, respinti. È vero che c’è un diritto a restare a casa sua (come dice appunto il Catechismo), ma “Non chiudete le porte, per favore”. Anche perché sono i migranti (islamici, aggiungiamo), che fanno figli e sono manodopera, così si riempiono i paesi. Togliere i migranti dalle mani delle mafie che li sfruttano, rispettiamo il diritto a emigrare. Del resto Bergoglio ha appena finito di benedire i suoi amici che vanno per mare a riscattare migranti e che (fonte La Verità) riescono a pagarsi la separazione e l’affitto. A modo proprio ognuno riceve la propria mercede.

Per finire. Il viaggio in Polinesia, poi quello in Argentina (dove le polemiche col neopresidente Javier Milei non sono mancate), i ricordi di Buenos Aires e dei nonni. Mentre l’incenso faziesco si dissolve nell’aria, su una cosa siamo d’accordo. “Impariamo ad amare”. Almeno su questo.