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Ferragni-Balocco, anche gli influencer chiedono più regole: “Ma non siamo editori”

Ferragni-Balocco, anche gli influencer chiedono più regole: “Ma non siamo editori”

Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? Influencer e contenuti promozionali: per i content creator più affermati le possibilità di guadagno sono rilevanti. Ma il “pandoro Gate” con protagonista Chiara Ferragni rischia di aver cambiato per sempre le carte in tavola. Agcom detta la linea verso una maggiore regolamentazione. Che gli stessi influencer, a quanto pare, auspicano. L’intervista a Mauri Valente, vicepresidente di AICDC, Associazione Italiana Content & Digital Creators: “Bene il tavolo tecnico, una base che deve essere affinata. Ma non tutti i content creator possono essere equiparati ad editori”

C’è chi ancora dubita che essere influencer sia un mestiere. Ma sempre più creator abbracciano invece quella che è una carriera a tutti gli effetti. Indipendentemente da quello che se ne può pensare, le cifre che girano attorno a questo business sono consistenti. Come confermato da un recente articolo del Corriere, che ha riportato i dati di DeRey, realtà che si occupa di strategie digitali e che da tre anni calcola il listino dei compensi in Italia. L’influencer marketing muove nel complesso 348 milioni di euro. Che diventano un miliardo di euro se si allarga lo sguardo all’intera industria della creator economy, tra Fashion & Beauty, Gaming e Travel & Lifestyle.

Quanto vale un singolo contenuto pubblicitario sui social

YouTube guida la carica dell’eldorado social con cachet per un singolo contenuto pubblicitario da 500 a 35mila euro, a seconda del numero di seguaci. Anche Instagram non scherza, con compensi da 100 euro fino a 20mila euro per i post di chi vanta tra i 5mila e i 5 milioni di followers. Su TikTok, sebbene si parta da cifre più basse (50 euro per 5mila follower), chi supera i 5 milioni di seguaci può arrivare a incassare 75mila euro a video pubblicato. Più timido nei compensi sponsorizzati è Facebook: 100 euro richiedono almeno 50mila follower. Ma attenzione, c’è una variabile da tenere d’occhio: l’engagement rate, ovvero il tasso di coinvolgimento, quanti likes e commenti raccoglie un post.

Lo scandalo Ferragni-Balocco e la stretta dell’Agcom

L’intero sistema è stato, come noto a chiunque, scosso dallo scandalo del “pandoro-gate” con protagonista Chiara Ferragni. Una vicenda che ha spinto l’Agcom, l’Autorità garante delle comunicazioni, a porre dei paletti anche agli influencer, equiparandoli ai fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici. Un tavolo tecnico e nuove linee guida, basate sul Testo Unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi, stabiliscono che anche gli influencer con almeno un milione di follower e un engagement del 2% debbano rispettare regole di trasparenza e responsabilità. Indicando in modo evidente e chiaro la presenza di sponsorizzazioni e contenuti pubblicitari sui loro post. Sanzioni fino a 600mila euro o sino all’1% del fatturato sono previste nel caso in cui non si tutelino i minori.

Le nuove norme ignorano la grande maggioranza degli influencer

Il presidente Agcom Giacomo Lasorella ha sottolineato che non si tratta di norme anti-Ferragni, ma di un regolamento rivolto al settore degli influencer in generale. Tuttavia le nuove misure risultano in una certa misura miopi. Perchè in Italia gli influencer con oltre un milione di follower non arrivano a cinquanta. Un club esclusivo e ristretto dal quale è invece escluso il vasto esercito di micro-influencer che nel nostro Paese conta oltre 350mila figure. Si tratta di creatori di contenuti con meno seguaci, ma che possono avere un rapporto più solido con la propria community e tassi di interazione più elevati. Di conseguenza, potrebbero influenzare il consumatore in maniera più circoscritta ma più significativa.

L’associazione degli influencer: “Ma noi non siamo editori”

L’intero settore, impegnato già da qualche tempo a darsi una strutturazione più organica, segue con attenzione gli sviluppi. Tra le realtà che sono entrate più attivamente nel dibattito di questi giorni c’è l‘Associazione Italiana Content & Digital Creators, nata appena a dicembre ma che conta già 250 affiliati. Tra cui nomi di primissimo piano come Khaby Lame, Luca Campolunghi, Sespo, Giulia Latini, Gabriele Vagnato, Klaus, Cartasegna, Samara Tramontana, Andrea Muzzi e Ignazio Moser.

L’associazione ha manifestato il proprio pieno favore alla regolamentazione del settore proposta da Agcom. Ma facendo dei distinguo. Così il vicepresidente di AICDC Mauri Valente: “Influencer e content creator non possono essere considerati a prescindere editori: non possiedono né hanno facoltà decisionale sui social all’interno dei quali operano. Per questo chiediamo di coinvolgere tutte le piattaforme e di valutare le metriche che delimitano il perimetro dei professionisti inclusi”. True News lo ha intervistato.

Valente, oggi il Corriere riporta le cifre relative ai guadagni per singolo contenuto promozionale degli influencer: innanzitutto, si tratta di numeri veritieri?

Ogni social ha natura diversa. Ci sono quelli che ti permettono di guadagnare a livello editoriale semplicemente pubblicando, come Youtube o TikTok. Su Instagram dipende molto dalla tipologia di creator, è difficile riuscire ad andare a standardizzare un guadagno. Sarebbe del resto sbagliato realizzare un guadagno a prescindere solo in virtù del proprio numero di follower. Ci deve essere comunque una volontà ed un lavoro dietro che porti ad avere appeal tale da giustificare l’investimento da parte del brand. Detto questo, è sensata la stima di 348 milioni di euro l’anno generati dalla creator economy. Ma cristallizzare un identikit e un benchmark di guadagno è abbastanza difficile. Si tratta di un mercato ancora senza codice Ateco, in cui è ancora complicato distinguere tra chi lo fa per lavoro e chi per divertimento

Ma per Chiara Ferragni è possibile stimare un guadagno di 20mila euro a post su Instagram?

Non è una cifra della quale possiamo essere certi. Soprattutto perchè engagement e credibilità non vanno sempre di pari passo. Come dimostrano le recenti vicende

Le nuove regole di Agcom, rispetto alle quali la vostra associazione si è espressa favorevolmente, andranno a toccare solo chi ha un milione di follower. Quale è la vostra posizione?

E’ importante sottolineare che il lavoro svolto da Agcom, con le linee guida promosse in questi giorni, sono frutto di una attività antecedente all’esplosione del caso Ferragni. C’è stata una concomitanza di eventi con l’attuale tavolo di crisi legato al pandoro. Noi siamo pienamente a favore del lavoro di Agcom, specie per quanto riguarda l’istituzione di un tavolo tecnico per analizzare il fenomeno. Ma queste linee guida sono una base di partenza per un dialogo che deve evolvere ed essere affinato. I creator stessi non si sentono editori, non tutti fanno quella scelta consapevole. Ed essere etichettati come una cosa che non hai scelto di essere può essere qualcosa un po’ particolare. Anche perchè ogni social ha le sue metriche, il suo engagement, la sua fanbase

Ma non è un po’ miope un regolamento che si occupa solo di quella ristretta minoranza di influencer che hanno più di un milione di follower?

Assolutamente sì. Ma, ribadiamo, si tratta di una base di partenza attorno alla quale cominciare a lavorare. Non si possono prendere come parametro solo gli influencer da oltre un milione perchè avendo a che fare con internet e i social ci sono delle varianti di viralità che non si possono calcolare. Un profilo da mezzo milione di follower può avere il quadruplo di engagement rispetto a un profilo da un milione. Servono regole precisi ma flessibili il giusto per accogliere le evoluzioni del social stesso. Ci accorgiamo ora che si può fare pubblicità ingannevole?

Quanto rischia di essere danneggiato l’intero settore dall’affaire Balocco-Ferragni? C’è il timore di ulteriori giri di vite?

Siamo di fronte di un errore di comunicazione da parte di un singolo, benchè assai rilevante, che ha generato un caso mediatico. Ma non si può generalizzare nei confronti di tutti i creator. Anche perchè si è trattato di un errore che potrebbe compiere chiunque nel settore della comunicazione e del marketing

Quello che è certo è che si va verso una sempre maggiore “regolamentazione” del sistema influencer. Provocazione: non è che si finirà per creare un albo o un ordine come per i giornalisti?

No. Ma sicuramente serve attivare un codice Ateco per avere un quadro reale di quanti sono i content creator. Ed anche per portare avanti un discorso culturale di sensibilizzazione verso una educazione digitale diffusa

Venendo alla vostra associazione, che tipo di supporto fornite ai vostri associati?

Da una parte forniamo una serie di servizi a supporto dell’attività del content creator. Uno sportello commercialista per domande e supporto, stiamo lavorando ad una partnership per un supporto psicologico. A questo aspetto crediamo molto perchè il creator è una categoria a rischio, per le influenze che può subire per le tendenze, i numeri, gli up and down. E stiamo lavorando su una polizza sanitaria