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Mestre, la tragica conferma: le strade italiane possono trasformarsi in trappole

Mestre, incidente

Perché questo articolo potrebbe interessarti? True News ha contattato alcuni autisti impegnati ogni giorno lungo le autostrade italiane e tutti concordano su una cosa: sulla sicurezza molto è stato fatto, ma tanto resta ancora da fare. A partire dall’eliminazione dei guard rail vetusti, causa di molti incidenti, e sul recupero di diverse infrastrutture nelle principali strade del Bel Paese

Come in ogni tragico episodio, passata l’emozione del momento subito dopo ci si interroga sulle cause dell’accaduto. E così oggi ci si chiede cosa, in quel viadotto di collegamento tra Mestre e Venezia e a bordo di quell’autobus carico di turisti, non ha funzionato. Forse un malore dell’autista, morto anche lui nello schianto. Forse un piccolo incendio a bordo. Ma c’è chi evidenzia anche il fatto che il parapetto colpito dal mezzo non doveva staccarsi e non doveva aprire al bus le porte verso un volo di dieci metri. In poche parole, oggi ci si chiede se tutti gli standard di sicurezza sono stati o meno rispettati. E se, non solo a Venezia ma in tutta Italia, viaggiare è sicuro.

Il problema relativo ai guard rail

Quando si fa riferimento alla sicurezza stradale, il primo pensiero va alle condizioni delle infrastrutture più sensibili. Del resto in un Paese come il nostro, dove il crollo del viadotto Morandi sul Polcevera a Genova del 14 agosto 2018 rappresenta un ricordo ancora nitido, sembra quasi fisiologico interrogarsi sullo stato di salute delle principali opere infrastrutturali. Ma parlando con chi quotidianamente solca la rete autostradale, ad emergere sono anche altre tipologie di problemi. A partire proprio dalla sicurezza dei guard rail. Le barriere cioè che, in caso di sbandata, devono garantire al mezzo di rimanere in strada.

“Ci sono guard rail – conferma a TrueNews un autista di bus siciliano – che spesso fanno più danni che altro. A volte non solo non proteggono da eventuali voli dai cavalcavia, ma creano problemi all’incolumità di automobilisti, motociclisti e ai nostri passeggeri”. Un altro autista, raggiunto telefonicamente, ha ricordato ai nostri microfoni un esempio ben noto a molti appassionati di automobilismo: “Si ricorda quanto accaduto al pilota Robert Kubica?”. Il riferimento è all’incidente, avvenuto durante un rally, in cui l’ex pilota di Formula Uno polacco è rimasto gravemente ferito. In quell’occasione, hanno fatto il giro del mondo le immagini dei guard rail conficcati all’interno dell’abitacolo di Kubica. “Sono vere e proprie lamiere di acciaio – ha sottolineato l’autista – distruggono auto, danneggiano bus e alcune volte decapitano motociclisti”.

Cosa dicono le direttive europee sui guard rail

Nei primi anni ’10 di questo secolo il problema è stato posto anche a livello politico. Esistono direttive europee volte a imporre nel Vecchio Continente l’uso esclusivo di guard rail di ultima generazione. Sono più alti e soprattutto sembrano assorbire maggiormente l’impatto di un mezzo, facendo rimbalzare auto o bus verso la carreggiata e non verso l’esterno. Circostanza che impedisce, lungo i viadotti, di cadere nelle scarpate.

La prima norma comunitaria relativa ai nuovi guard rail è contenuta nel regolamento Ce 765/2008, seguito poi dal regolamento Ue 305/2011. In Italia il primo dei due documenti è stato recepito con la legge 120 del 2010, in cui tra le altre cose è stata prevista la sostituzione dei guard rail obsoleti con quelli di nuova generazione. “Ma c’è letteralmente ancora molta strada da fare – ha aggiunto uno degli autisti intervistati – posso dire che anno dopo anno aumentano i chilometri di autostrada e i viadotti con le nuove barriere, ma da nord a sud sono ancora molti i tratti non messi a norma”.

Nel viadotto tra Mestre e Venezia teatro della tragedia di martedì sera, sembrerebbe che i parapetti non erano di nuova generazione: “Però vede, non posso certamente dire a prima vista che è stato questo a causare la disgrazia – ha sottolineato uno degli autisti – così, dall’esterno, è impossibile valutare. Leggo che non ci sono segni di frenata sull’asfalto, quindi l’impatto del bus è avvenuto a forte velocità, forse nemmeno le nuove barriere avrebbero retto, non saprei. Posso dire che se quella è una strada statale a doppia carreggiata allora occorrono dei guard rail diversi”.

Il tema delle barriere autostradali è tornato di attualità proprio negli ultimi giorni. La settimana scorsa infatti alcuni ex dirigenti di Aspi sono stati condannati per l’incidente di Monteforte Irpino del 28 luglio 2013. Qui, lungo il viadotto Acqualonga dell’autostrada Napoli-Canossa, un bus è precipitato causando la morte di 40 persone. Le condanne, emesse in appello nel capoluogo partenopeo, sembrano dare manforte alla versione dell’accusa secondo cui le barriere non hanno retto l’urto in quanto i perni di ancoraggio sono stati corrosi dal sale impiegato in quel tratto per fronteggiare neve e ghiaccio. Durante le indagini, gli inquirenti hanno anche fatto sequestrare le barriere di almeno 12 viadotti in diversi tratti dell’autostrada in questione.

I problemi nelle principali strade italiane

Poi ovviamente ci sono anche le condizioni di gallerie e viadotti. Altra nota dolente della viabilità italiana. “Ha mai fatto il tragitto da Palermo a Catania o da Messina a Palermo? – chiede uno degli autisti ascoltati – è un via vai di deviazioni. Da un lato è un bene, perché limitare la circolazione in certi viadotti significa evitare guai, ma dall’altro è un grosso problema per gli spostamenti”. In Sicilia sono poche le autostrade che possono vantare l’assenza di deviazioni. Molti ponti sono in fase di recupero o ricostruzione. Qui l’allarme è suonato nel 2015, quando è venuto giù il viadotto Imera sulla Palermo-Catania. Da allora sono state monitorate tutte le principali opere autostradali.

“Oggi si sta intervenendo – dichiara l’autista – ma anche in questo caso ci vuole tempo. Fa impressione però notare come per tanti anni si è viaggiato su infrastrutture carenti”. Dalla Sicilia alla Liguria, il problema non cambia. Nella regione che ha subito il crollo del Polcevera sono stati avviati decine di cantieri su viadotti e tunnel. Con il traffico spesso limitato e congestionato, specialmente nei periodi più critici.

“Nelle autostrade nuove, come ad esempio lungo la rinnovata Salerno-Reggio Calabria oppure nel valico appenninico della A1 – dichiara un altro autista – non ci sono problemi. I nodi vengono dal passato, spesso non si è fatta manutenzione e ora si devono bloccare interi tratti per intervenire”. Alla domanda se la sicurezza è garantita, la risposta è grossomodo la stessa: i controlli ci sono, specialmente dopo il crollo di Genova del 2018.

La flotta di autobus in circolazione

Importanti passi in avanti nel nostro Paese sembrano invece essere stati fatti nell’ambito del controllo dei mezzi usati per i trasporti dei passeggeri. Così come sulle norme relative alle ore di lavoro degli autisti. “Posso confermare – afferma uno degli autisti interpellati – che sulla qualità dei mezzi ci sono norme ben precise e rispettate”. Revisioni e controlli devono essere effettuati con una certa costante cadenza, pensa sanzioni molto elevate.

A fare da monito su questo fronte è stato ancora una volta l’incidente di Avellino del 2013. Il mezzo protagonista di quel volo fatale era del 1985 e aveva all’attivo 800mila km, senza essere stato sottoposto a recenti revisioni. Da allora i controlli sulla flotta di bus delle varie aziende sono aumentati. La tragedia di Venezia del resto non sembra legata alla qualità del mezzo, almeno in apparenza: secondo le ultime notizie infatti, il bus incidentato era di ultima generazione.