Home Politics Un decreto su dieci ce la fa: i numeri del governo sull’attuazione delle leggi

Un decreto su dieci ce la fa: i numeri del governo sull’attuazione delle leggi

Decreti

Perché potrebbe interessarti questo articolo? I decreti attuativi sono decisivi per rendere esecutive alcune leggi inserite nei provvedimenti approvati dal Parlamento. E, senza le firme dei rispettivi Ministeri, le risorse stanziate sono bloccate. Il governo Meloni sta accumulando pesanti ritardi: sono fermi così quasi 4 miliardi e mezzo di euro.

Il governo Meloni è in affanno sui decreti attuativi. A oggi, infatti, tra quelli previsti, ne è stato emanato uno su dieci. Intanto le date delle scadenze continuano ad avvicinarsi. In termini assoluti solo 19 testi sono stati pubblicati a fronte dei 195 messi in conto tra i vari provvedimenti varati dall’inizio della legislatura. C’è un dato ulteriore: di quei 19, quasi la metà facevano capo all’Agenzia delle Entrate. I decreti ministeriali, quelli firmati dai rappresentanti dell’esecutivo, si contano sulle dita di una mano.

Un problema che è tipico dei vari governi, che su questo dossier fanno spesso fatica. Solo con Mario Draghi c’era stato un focus specifico per arrivare a una velocizzazione, che pure non ha sempre garantito la possibilità di mettersi al passo con le scadenze. Solo che ora la questione si sta riproponendo con numeri importanti e quindi con l’effetto di bloccare miliardi di euro di risorse per interi comparti. Solo per il 2023, allo stato attuale, sono fermi poco meno di 4 miliardi e mezzo per la mancanza di questi testi. Peraltro, sono 40 provvedimenti “scaduti”, quelli che hanno superato il termine ultimo fissato dallo stesso governo. Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile almeno altri 15 finiranno in scadenza con un balzo in avanti.

Decreti, carta della cultura ancora ferma

Il peso maggiore è rappresentato, come spesso accade, dalla Legge di Bilancio, approvata a dicembre. La manovra aveva previsto 117 decreti attuativi: all’appello ne mancano 104. Alcuni sono anche caratterizzati da un elevato impatto mediatico, come nel caso della carta della Carta della cultura Giovani e della Carta del merito, che sostituirà dal 2024 il bonus introdotto dal governo Renzi.

Sulla misura ci sono state molte polemiche: l’impegno del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, era quello di provvedere a stilare le nuove regole entro il 2 marzo per decidere come allocare i 190 milioni di euro all’anno stanziati per questo intervento. Il documento, però, non è ancora bollinato dagli uffici ministeriali. Sempre al Mic si deve decidere la destinazione di 100 milioni di euro per il fondo istituito nello stato di previsione del Ministero stesso e che quindi dovrà sostenere il mondo culturale. Un plafond molto ricco è quello del ministro dell’Economia, di Giancarlo Giorgetti, con il miliardo di euro da dare per il bonus una tantum, relativo al «solo anno 2023 in favore del personale statale”.

Decreti, soldi alle farmacie in attesa

Entro il 31 marzo, invece, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, deve decidere come distribuire i 400 milioni di euro messi a disposizione per erogare “contributi in favore degli enti territoriali per fronteggiare la maggiore spesa per energia e gas”. Insomma, un po’ di ossigeno di fronte ai rincari delle bollette, che in questa fase storica è una priorità. Altri 150 milioni di euro sono stoccati al Ministero della Salute, guidato da Orazio Schillaci. Le risorse sono relative alla “remunerazione aggiuntiva in favore delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio Sanitario Nazionale per la salvaguardia della rete di prossimità delle farmacie italiane”. Soldi che dovranno essere distribuiti anche per il prossimo biennio.

Beni alimentari contro la povertà

Lo sguardo è rivolto poi al Ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare di Francesco Lollobrigida. Che ha a disposizione 500 milioni di euro necessari all’erogazione “dei benefici di cui al Fondo destinato all’acquisto di beni alimentari di prima necessità da parte dei soggetti in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente non superiore a 15.000 euro”. Risorse da impiegare per sostenere le fasce sociali più povere.

La ministra del Lavoro, Maria Elvira Calderone, ha sforato invece i termini per una misura innovativa prevista dalla manovra che ha stanziato, fino al 2025, ben 5 milioni per la “sperimentazione del reddito alimentare, un’iniziativa pensata per contrastare lo spreco e la povertà; favorirà la distribuzione di pacchi alimentari, realizzati con i prodotti invenduti nei negozi, che altrimenti finirebbero nella pattumiera. Ma per evitare che questo accada, o comunque si verifichi con minore frequenza, è necessario comprendere come ripartire il fondo.