Home Politics Russia-Italia. Il partito del Pil che guarda a Mosca e non ha colore politico

Russia-Italia. Il partito del Pil che guarda a Mosca e non ha colore politico

Russia-Italia. Il partito del Pil che guarda a Mosca e non ha colore politico

Carlo Feltrinelli e Attilio Fontana, uno in coda all’altro, ne sono convinti: l’Italia deve essere un Paese capace di stabilizzare le relazioni tra Occidente e Russia e Milano, ovvero il business, può essere il pivot per questa distensione. L’erede di Giangiacomo Feltrinelli, ad delle omonime casa editrice e fondazione, padrone di casa nell’elegante stabile di Viale Pasubio e il presidente della Regione Lombardia sono intervenuti aprendo il IX Seminario Italo-Russo di Milano organizzato il 17 febbraio scorso dall’associazione Conoscere Eurasia del banchiere Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia, alla presenza dell’Ambasciatore Sergey Razov. Una vera e propria sfilata del “partito del Pil” centrato sul capoluogo lombardo  che vuole un impegno dell’Italia in favore della pacificazione dei rapporti e della stabilizzazione del business.

Russia-Ucraina, la diplomazia economica come volano di pacificazione

La borghesia progressista “illuminata” di Milano rappresentata da Feltrinelli, vicina al potere del centrosinistra nella città dal 2011 ad oggi, e il governo regionale a guida leghista, in un inedito consociativismo introducono un parterre di imprenditori e manager che riunisce le imprese maggiormente attente al tema delle sanzioni: Prysmian, Pirelli, De Nora, Dolce&Gabbana, Fiera Milano, Simest per fare alcuni nomi.

Feltrinelli richiama l’Italia, anticipando quanto detto nel suo intervento da Fallico, vero “Zar italiano di Russia”, a usare la diplomazia economica come volano di pacificazione. Fontana rivendica i partenariati che la Lombardia, “regione che con la Russia ha un rapporto duraturo da secoli”, ha stipulato con le regioni russe di Mosca, Novosibirsk e Leningrado (sic). E la diplomazia economica del pontiere Fallico, dopo Milano, ha toccato Genova nella giornata del 18 febbraio. La Liguria è oggi governata da un altro importante rappresentante politico del trasversale “Partito del Pil”, Giovanni Toti. L’esponente di Coraggio Italia alla guida del centro-destra ligure ha recentemente fatto presente a Sky Tg24 che “na guerra o anche solo un aumento della tensione nel cuore dell’Europa, con un partner come la Federazione Russa, che per certi aspetti con la Liguria ha sempre avuto buoni rapporti commerciali e di vicinanza nonostante le sanzioni degli ultimi anni, non va auspicato”.

Al Seminario Italo-Russo di Genova lo “stato maggiore” ligure

Il V Seminario Italo-Russo di Genova organizzato sempre da Conoscere Eurasia ha chiamato tutto lo “stato maggiore” della politica e dell’imprenditoria liguri: al “partito del Pil” si sono iscritti con forza anche Marco Bucci, sindaco del capoluogo ligure, il presidente di Confindustria Liguria, Umberto Risso, e il presidente di Ansaldo Energia, Giuseppe Zampini.

Il duo Milano-Genova segnala come siano spesso i presidenti di Regione i politici più attivi, in un fronte trasversale, nell’appianare le distanze con la Russia. Oltre a Fontana e Toti negli ultimi mesi anche Michele Emiliano, presidente di sinistra di Regione Puglia, è attivissimo nella diplomazia verso Mosca. E da anni consolidata è la posizione di Luca Zaia, “doge” di un Veneto che a Verona ospita il Forum Euroasiatico di confronto con la Russia e verso Mosca guarda per eventi attenzionati dai consumatori orientali come il Vinitaly.

La presenza a Genova di Ansaldo, posseduta al 88% dal gruppo Cassa Depositi e Prestiti, mostra inoltre che nelle partecipate pubbliche forte è la volontà di una distensione con Mosca: Francesco Starace, ad di Enel, ha recentemente partecipato alla discussa videoconferenza tra i leader industriali italiani e Vladimir Putin organizzata dalla Camera di Commercio Italo-Russa e anche l’Eni, seppur più defilata, tifa ovviamente per l’appianamento delle tensioni e la fine delle sanzioni. Per non parlare di Sace, che sulla crescita dell’export verso Mosca punta per espandere il proprio business.

Russia-Ucraina e Partito del Pil: in prima fila anche Intesa Sanpaolo

Tra gli apparati economico-finanziari privati, invece, la citata Intesa Sanpaolo è in prima fila tra coloro che si stanno spendendo per fare dei rapporti economici il volano di un’efficace relazione italo-russa. Non a caso Fallico è un uomo di Ca’ dei Sass e la filiale moscovita del gruppo leader della finanza nazionale è un attivo attore protagonista dell’internazionalizzazione delle imprese italiane dirette a Est.

Ma anche autorevoli esponenti della politica nazionale hanno aperto alla visione propria di imprenditori, uomini della finanza e manager che costituiscono il “Partito del Pil”. L’obiettivo, sottolineato da Fallico, di potenziali appalti per 120-140 miliardi di euro destinati alle imprese italiane in Russia nel prossimo decennio, rapporti di business consolidati, ragioni pragmatiche e geopolitiche hanno spinto a prese di posizione molto chiare. Di recente l’esponente di Fratelli d’Italia Guido Crosetto in un tweet ha detto che l’Occidente con la sua chiusura sta spingendo Putin nelle mani della Cina. Ma, come ha spiegato lui stesso, “la mia posizione è perfettamente filo occidentale, se non dialoghiamo materie prime, essenziali per la transizione ecologica, finiranno in mani cinesi” e questo rischia di danneggiare profondamente Italia e Europa. Una posizione molto simile a quella assunta, su fronti politici diversi, dall’ex segretario dem Pier Luigi Bersani, secondo il quale è assurdo definire filo-russo chi vuole semplicemente seguire la scia del pragmatismo sul gas e altre materie prime strategiche.

Anche a Roma lo sanno bene: escludere Mosca è un suicidio strategico

Il “Partito del Pil”, trasversale e oltre ogni barriera politica, dice chiaramente quel che a Roma in effetti molti pensano esplicitamente, e di cui l’Italia non fa mistero dai tempi della crisi della Crimea: un braccio di ferro irrisolvibile con Mosca ci vedrebbe messi all’angolo, sconfitti in partenza, impoveriti. Dipendere dalla Russia in ambiti come il gas naturale non è certamente una scelta strategica lungimirante, e ciò va sanato, ma tagliare fuori dalla scena un attore importante come Mosca sarebbe un suicidio strategico. A cui si ritiene che la diplomazia economica possa, sul lungo periodo, porre un freno.