Home Politics Concordato Chiesa-Stato: 5 curiosità storiche sul documento della discordia

Concordato Chiesa-Stato: 5 curiosità storiche sul documento della discordia

Concordato Chiesa-Stato: 5 curiosità storiche sul documento della discordia

In questi giorni è tornato di attualità il documento a causa di una nota diplomatica inviata dal Vaticano al governo italiano per esporre preoccupazione riguardo all’approvazione del ddl Zan. La Santa Sede ha espresso in via ufficiale il timore che il disegno di legge contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo – allo stato attuale approvato dalla Camera, e in attesa di discussione al Senato – violi il Concordato riducendo “la libertà garantita alla chiesa cattolica in tema di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale”.

“Concordato” è il nome dato ai trattati bilaterali che la Santa Sede stipula con altri stati per regolare la situazione giuridica della Chiesa cattolica in un determinato paese del mondo. L’Italia ha stipulato due concordati con il Vaticano: i Patti Lateranensi nel 1929, firmati dall’allora Primo Ministro del Regno, Benito Mussolini, e l’Accordo di Villa Madama del 1984, firmatario il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, Bettino Craxi.

Dietro i due trattati bilaterali si nascondono storie curiose.

La scommessa di Benito Mussolini con Dio

Il firmatario del primo Concordato in gioventù fu un fervente anticlericale. La sera del 26 marzo 1904, a Losanna, un 27enne maestro elementare e giornalista socialista, originario della Romagna e fuggito in Svizzera per evitare il servizio militare, tenne un dibattito con un pastore evangelista davanti a 500 persone. Quando arrivò il suo turno, Benito Mussolini, tirò fuori dalla tasca un orologio e disse guardando verso l’alto: “Ti dò dieci minuti per fulminarmi”.

Craxi, un prete mancato dal rapporto ambivalente col mondo cattolico

Il firmatario del secondo Concordato fu un leader socialista che da piccolo aveva rischiato di diventare prete.

Durante la seconda guerra mondiale, la famiglia decise di affidare il piccolo Benedetto – vero nome di battesimo – alle cure del collegio cattolico De Amicis di Cantù, sia per il suo carattere turbolento sia per allontanarlo dai pericoli che la famiglia correva a causa dell’attività politica antifascista del padre Vittorio. Bettino rimase in collegio fino al 1945, arrivando a un passo dall’entrare in seminario per prendere i voti: “In collegio ero molto legato alla ritualità, alla spiritualità, al sentimento. A tutto ciò che un bambino può apprendere dall’educazione cristiana e cattolica. E quindi anche lì volevo andare fino in fondo, volevo diventare un prete”. Il rapporto del “cinghialone” con il mondo cattolico è stato complesso: aprì le porte ai cattolici nei ruoli dirigenti del Psi, ma nel 1980 tenne probabilmente il discorso più antipapale mai pronunciato da un esponente della maggioranza: in occasione della fiducia al primo esecutivo guidato da Forlani nell’ottobre del 1980, criticò aspramente Giovanni Paolo II e la CEI per la posizioni sull’aborto, dovuta “alle difficoltà, forse, per un papa straniero (…) di cogliere la complessità della realtà italiana”, che “rischiano di riaprire la porta a contrapposizione e a contese che sembravano definitivamente cadute”.

Il lavoro diplomatico del Mussolini cattolico

Il “mangiapreti” venne ribattezzato da Papa Pio IX “l’uomo della provvidenza” quando l’11 febbraio 1929 firmò i Patti Lateranensi che, a detta di Mussolini, riconsegnarono “Dio all’Italia e l’Italia a Dio”. Dal 1870, con la breccia di Porta Pia, il Papa si considerava prigioniero politico dello stato italiano e i cattolici erano ancora formalmente interdetti dal partecipare alla vita politica. A smussare molte angolature fu il lavoro diplomatico sottotraccia di Arnaldo Mussolini, fratello maggiore del Duce e cattolico devoto, anche a causa di una malattia del figlio Sandro Italico.

Belzebù Andreotti e l’acquasanta

La recente pubblicazione dei Diari segreti di Giulio Andreotti per l’arco di tempo dal 1979 al 1989 ha messo in luce il lavoro diplomatico preparatorio del Divo nei suoi esecutivi III, IV e V tra il 1976 e il 1979 per il concordato, firmato nel 1984 da Craxi. Definito “Belzebù”, dallo sferzante appellativo attribuitogli da Bettino Craxi, Andreotti si fece carico di spiegare alla Santa Sede l’opportunità di una collaborazione politica coi comunisti. La fiducia della Vaticano nello scorcio finale del pontificato di Paolo VI e nell’avvio nel 1978 di quello di Carol Wojtyla, pontefice venuto da oltre la cortina di ferro e fiero avversario del comunismo, fu conquistata anche grazie al rilancio delle trattative per la revisione del Concordato, senza le quali non si sarebbe arrivati all’accordo del 1984.

Il “tradimento” di Togliatti

Nel 1947 i Patti Lateranensi vennero messi in Costituzione, nell’articolo 7, anche grazie al voto di un padre costituente che non ti aspetti: il comunista Palmiro Togliatti. L’accoglimento dei Patti nella nostra Costituzione fu pietra di scandalo non soltanto negli ambienti moderati e soprattutto della sinistra ma anche nel fronte moderato. Nei giorni della Costituente su tutto fecero pace i comunisti, i cattolici e i laici. Ma come toccarono la Chiesa, fu guerra: “Quello sull’articolo 7 fu l’unico, vero conflitto che divise i padri della Costituzione”, ha affermato mezzo secolo dopo Vittorio Foa. Dopo due anni di trattative serrate, l’articolo 7 venne approvato con con 350 voti a favore e 139 contrari, la notte fra il 25 e il 26 marzo 1947.

Socialisti, azionisti, demolaburisti, repubblicani e parte dei liberali – tra cui Benedetto Croce – votarono contro. A sorpresa, Palmiro Togliatti, leader comunista dichiarò che in nome della pace religiosa avrebbe votato come De Gasperi. Il Pci non voleva lasciare ai democristiani la palma di difensori della pace religiosa. Il socialista Nenni lo definì un tradimento dei valori laici: “È cinismo applicato alla politica. Non è il cinismo degli scettici ma di chi ha un obiettivo. È la svolta di Salerno che continua, applicata questa volta alla Chiesta e ai cattolici”.
Fino alla revisione del 1984, abbiamo avuto una Costituzione che aveva una enorme contraddizione al suo interno: all’articolo 3 diceva che i cittadini sono uguali davanti alla legge a prescindere dal credo religioso, mentre all’articolo 7, con il rimando ai Patti Lateranensi, riconosceva il cattolicesimo quale religione di Stato. 

*articolo di Stefano Marrone