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Arcuri, il supercommissario Covid che non ne azzeccò una

Arcuri, il supercommissario Covid che non ne azzeccò una

Perchè leggere questo articolo: La Procura di Roma chiede sedici mesi nei confronti di Arcuri per la vicenda della fornitura di mascherine “pericolose per la salute” dalla Cina. Solo uno dei numerosi inciampi del fu commissario straordinario per l’emergenza Covid. l’App Immuni e i banchi a rotelle, per dirne un paio…

Sedici mesi di pena: è questa la richiesta della Procura di Roma nei confronti dell’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri. Indagato con l’accusa di abuso d’ufficio perchè, nei mesi più drammatici della pandemia, avrebbe favorito i partner dell’imprenditore ed ex giornalista Rai Mario Benotti concedendo una “esclusiva in via di fatto nell’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali”. Mascherine fatte giungere dalla Cina e poi peraltro rivelatesi non idonee. Con marchio Ce contraffatto e giudicate addirittura “di dubitabile idoneità e pericolose per la salute”. Ad andar bene, inefficaci a proteggere dalla circolazione del virus. Insomma, una vicenda decisamente delicata.

Arcuri si professa innocente. Ma non rischia comunque granchè

Arcuri, che ha chiesto il rito abbreviato, si professa tuttavia innocente. La sua linea difensiva è che quella della cordata rappresentata da Benotti era comunque l’offerta più vantaggiosa. Il commissario sarebbe inoltre stato all’oscuro del ricarico che le persone coinvolte avrebbero tenuto per sé. I giudici si esprimeranno tra poche settimane. Ma, già cadute da tempo le accuse di corruzione e peculato, l’ex supercommissario, se riconosciuto colpevole, sembra destinato ad una condanna piuttosto mite, che certamente esclude il carcere. A meno di valutazioni finali sensibilmente diverse da parte della Corte.

Arcuri, il supercommissario che non ne ha azzeccata una

Come è stato più volte detto, nei mesi della pandemia l’Italia, come il resto del mondo, si è trovata ad affrontare una emergenza senza precedenti. E nel tentativo di contrastare un nemico sconosciuto e terribile, degli errori sono inevitabilmente stati compiuti da chi si trovava sulla tolda di comando. Molti in buona fede. Di altri se ne sta ancora occupando la magistratura. Resta ad ogni modo singolare come Arcuri sia riuscito a non imbroccarne una.

L’App Immuni, i banchi a rotelle, i padiglioni vaccinali…

Sulla vicenda delle mascherine cinesi si esprimeranno a breve i giudici. Fu varata sotto la sua guida l’App Immuni. Che avrebbe dovuto consentire il tracciamento dei contagi e fu invece il flop annunciato che si temeva. Scaricata e utilizzata da pochissimi cittadini. E quindi perfettamente inutile. Nell’estate 2020 al supercommissario si imputò scarsa incisività nel potenziare le terapie intensive sfruttando la parziale tregua concessa dal virus nei mesi più caldi. Ed ancora: la fallimentare gestione delle scuole, tra riaperture a singhiozzo e colpi di testa come i grotteschi banchi a rotelle, costati almeno cento milioni e poi per gran parte mai utilizzati. Infine, verso l’avvio della campagna vaccinale, quel piano per realizzare 3mila padiglioni (le Primule) ex novo sul territorio italiano invece di sfruttare le strutture già esistenti.

Nel tempo libero, per così dire, Arcuri era anche stato incaricato di gestire la crisi dell’ex Ilva. Forse decisamente troppo. Tanto che, a sole due settimane dal proprio insediamento, il premier Mario Draghi optò per sostituire Arcuri con il generale Paolo Figliuolo. Ed evitare spiacevoli sorprese nell’affrontare una partita che non si poteva perdere: quella delle vaccinazioni.