Confessioni di un’influencer pentita: quando i social diventano una malattia

Come capire quando sei “malato di social”? Lo spiega Federica Micoli, ex influencer, oggi digital strategist, che aveva superato il limite con la sua ossessione digitale

“C’è stato un tempo in cui il mondo dei social media era una landa rigogliosa e sterminata, traboccante di risorse. Era una terra libera, che aspettava solo di essere conquistata. Era un gioco entusiasmante, e di tutti i sentimenti umani l’entusiasmo è quello che più favorisce l’unione e la condivisione”.

Chi è Federica Micoli Closette.it

Federica Micoli, ex influencer ora imprenditrice, art director e digital strategist, racconta nel libro “Confessioni di un’influencer pentita” (Ed. Rizzoli) gli inizi della sua vita digitale, cominciata da un blog di viaggi e moda, Closette.it (in inglese armadio), sito da più di tre milioni di visualizzazioni attualmente fermo da tempo. “Moda, ristoranti, viaggi… Lo immaginavo proprio come un guardaroba che i miei lettori potevano aprire ogni volta che desideravano trovare chicche e dritte preziose”.

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La trasformazione da blogger ad influencer

A un tratto arrivano le prime proposte di collaborazione da parte di aziende ed inizia la trasformazione: “Prima, come tutti gli altri blog, Closette era paragonabile a una rivista o a un canale tematico con una linea editoriale coerente. Ma adesso la tendenza stava cambiando: era importante che ci fosse un testimonial a presentare quei contenuti, un racconto personale che tenesse tutto insieme, un volto a cui i follower potessero affezionarsi. E così, oltre a mostrarmi nelle foto, cominciavo a parlare più di me. Ma, badate, parlavo dei miei interessi, delle mie esperienze, senza mai entrare troppo nel privato”.

I “clan” delle influencer

Poi, un nuovo cambiamento: compaiono i social. In breve tempo Federica Micoli si ritrova a lavorare come influencer ed arriva la popolarità, che nasconde però una grande insidia: ti rende schiavo. Giornate scandite dalla ricerca ossessiva di contenuti originali da pubblicare, l’ansia da like e da visualizzazioni, la dipendenza dal telefonino, le notti insonni per la paura di perdere follower…

E poi la “guerra” tra colleghe: un giorno l’influencer scopre l’esistenza di gruppi WhatsApp pieni zeppi di influencer. “Erano delle specie di correnti e di clan che facevano capo a una o più persone: le influencer più influenti. Era un sottobosco molto attivo e nutrito: non si limitavano a scambiarsi informazioni o a spettegolare, si sostenevano a vicenda secondo accordi più o meno taciti”.

Sprofondare negli inferi digitali

Insomma, quel mondo luccicante è diventato una prigione, dove contava solo esserci sempre e comunque, mostrando un’immagine di felicità e perfezione. La chiamano FOMO, ovvero fear of missing out: una forma di ansia sociale che nasce dalla paura di perdere il contatto con le attività che fanno le altre persone e di essere esclusi da eventi, esperienze, o contesti sociali gratificanti. “Mi piaceva l’idea del successo, e ancora di più mi sarebbe piaciuto non essere relegata tra gli invitati di serie B degli eventi”, scrive Federica Micoli,  autrice anche del libro “È stata sfiga a prima vista” (Ed. Sonzogno, 2020), riferendosi alle fasi iniziali della sua esperienza.

Da quel momento inizia la discesa negli inferi dei social, ma poi c’è anche la risalita: “Ho cercato di cambiare il mio approccio sui social, di trovare un modo più sano per viverci. E a quel punto ho capito che invece di subirli, dovevo dettare io le regole”, ricorda l’ormai ex influencer. “Il giorno che ho pubblicato la mia ultima adv, è stato come rivedere la luce. Mi sentivo libera da quel marchio che per troppo tempo era stata la mia ossessione”.