(Adnkronos) – “La vaccinazione anti-Herpes zoster nella persona con diabete potrebbe essere il modello per una rivoluzione culturale in ambito della prevenzione delle malattie infettive, soprattutto nei soggetti fragili. La vaccinazione non deve essere legata all’età, ma al rischio di malattia e delle sue conseguenze. Come la terapia farmacologica, la prevenzione delle malattie infettive si dovrebbe fare in modo personalizzato, nella sede in cui i pazienti sono seguiti: dal medico di medicina generale, nell’ambulatorio specialistico o nelle Rsa”. Così Ferdinando Carlo Sasso, professore ordinario di medicina interna presso Università Campania Luigi Vanvitelli, intervenendo oggi a margine del congresso ‘Panorama diabete’, in corso a Riccione dal 21 al 24 maggio.
“Per fare questo – spiega Sasso – serve una call to action, una chiamata all’azione da parte di tutto il personale del Servizio sanitario nazionale, medici e specialisti. Nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale, messo a punto dal lavoro congiunto di Società scientifiche e ministero della Salute – continua – ci sono indicazioni molto precise sulle caratteristiche di chi potrebbe beneficiare delle vaccinazioni che, rientrando nei Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr) sono prestazioni gratuite e valgono per tutto il territorio nazionale – aggiunge l’esperto – Si tratta di sensibilizzare il medico e di far rientrare queste pratiche nei percorsi terapeutici (Pdta) che, sfortunatamente in Italia, a causa di una regionalizzazione della sanità, devono essere approvati da ogni singola regione. Facendo questa prevenzione – precisa – riduciamo però le malattie, le ospedalizzazioni e, oltre a guadagnare in salute, si riducono i costi, anche per il Ssn”.
Il diabete è una patologia ad altissimo impatto sociale. “Ha una prevalenza del 6% nella popolazione, secondo l’Istat – spiega Sasso – ma negli over 70 è del 20% (1 su 5). Le infezioni, in persone con diabete, sono un problema estremamente improntate perché, per una serie di meccanismi complessi, dovuti non solo alla modifica della risposta immunitaria, non solo hanno un più alto rischio di malattia, ma anche di ospedalizzazione (4 volte più elevato rispetto al non diabetico) e un rischio di mortalità raddoppiato, secondo stime per difetto”. Nel paziente fragile perché diabetico, ma anche nell’immunodepresso, con malattie croniche e oncologiche, attualmente sono suggerite le vaccinazioni contro meningite, pneumococco, influenza ed Herpes zoster. Questa infezione, nota anche come fuoco di Sant’Antonio, è una riattivazione del virus della varicella che si manifesta con eruzioni cutanee dolorose lungo una terminazione nervosa. Colpisce soprattutto pazienti con diabete di tipo 1, donne e persone anziane.
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“Nel paziente diabetico, che ha già una malattia invalidante, l’infezione da Herpes zoster impatta in modo particolarmente importante”, osserva Marco Falcone, professore di Malattie infettive, Università di Pisa e segretario della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit) nel suo intervento. “Il diabetico, infatti, ha già una sofferenza” a livello di cellule nervose “a causa della neuropatia diabetica dovuta all’iperglicemia”, un livello eccessivo di glucosio nel sangue, infatti, danneggia le cellule nervose. “La più grave complicanza – continua – è la nevralgia posterpetica, che insorge come un dolore debilitante nella sede dell’infezione. Può durare settimane o mesi e, nelle persone con diabete, già predisposti a nevralgia, tale complicanza può avere durata molto superiore e far peggiorare o precipitare il quadro clinico”.
Inoltre, “nel paziente con diabete – ricorda Falcone – l’infezione da Herpes zoster, impattando anche sulla funzione cardiaca, aumenta il rischio di eventi cardiovascolari, forse per disfunzione immunitaria. Inoltre – aggiunge – il diabetico, che può avere già una insufficienza renale o addirittura essere in dialisi, visto che il rene è uno dei primi organi a soffrire per la patologia, ha difficoltà a curarsi con i farmaci antivirali che si usano in presenza di infezione da Herpes zoster”.
Poter prevenire questa malattia ha quindi un impatto importante per pazienti e Ssn. Fino a poco tempo fa “avevamo un vaccino contro lo Zoster – sottolinea Sasso – con virus attenuato che veniva suggerito sopra i 65 anni o dai 50 anni in su nei soggetti fragili. Più recentemente ne è stato approvato uno di tipo ricombinante, una tecnologia moderna, costituito da una micro proteina di superficie del virus della varicella, che viene adiuvato e quindi favorisce la risposta immunitaria, la sintesi di anticorpi specifici. Il valore aggiunto rispetto al passato – sintetizza il diabetologo – è che il ricombinante si può usare dai 50 anni in su (il precedente era sopra i 65) e, nei fragili come i diabetici, già dopo i 18 anni (era negli over 50 se diabetici). Oltre ad avere un migliore profilo di sicurezza – conclude Sasso – sembra funzionare anche molto meglio perché, negli studi, mostra un’efficacia del 95%, contro il 60% circa del precedente, anche in soggetti più anziani”. La sfida è renderlo accessibile a questi pazienti.