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Laghi e fiumi, annegamenti e morti: i pericoli delle acque dolci

Laghi e fiumi, annegamenti e morti: i pericoli delle acque dolci

(Adnkronos) – Una bambina di 11 anni trovata morta a 20 metri di profondità dopo essere scomparsa mentre faceva il bagno nel lago di Como. Un ragazzo di vent’anni deceduto nel lago di Bolsena dopo un tuffo dal pedalò. Un bagno nelle acque dolci di laghi e fiumi può essere letale. Ma quali sono i pericoli e le insidie delle cosiddette acque interne? “I pericoli sono legati fondamentalmente a tre fattori: la formazione di mulinelli d’acqua e correnti per quanto riguarda i fiumi e gli improvvisi fondali alti nel caso dei laghi”. Lo evidenzia all’Adnkronos Salute Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima), che aggiunge: “In alcuni casi ci può essere imperizia e avventatezza – spiega – ma spesso chi decide di fare il bagno lo fa senza conoscere bene lo specchio d’acqua o senza saper nuotare”. 

Per questo motivo, secondo l’esperto, “è sempre bene seguire il buonsenso e alcune semplici regole: vietato uscire in acquascooter di notte – avverte Miani -. Il mezzo può finire in una secca o l’alta velocità provocare la caduta in acqua del passeggero. Risultato? Di notte, al buio, si va nel panico e non c’è nessuno a cui chiedere aiuto. Nel caso dei bambini, è bene che i genitori stiano accanto ai loro figli e usino anche con strumenti come braccioli, salvagenti, galleggianti e materassini. Il più delle volte, infatti, le vittime di annegamento nelle acque dolci sono i più piccoli che non hanno ancora imparato a nuotare”. 

Se non si conosce il luogo dove voler fare il bagno o semplicemente godersi un po’ di refrigerio, “meglio prendere le giuste informazioni da chi vive sul posto – consiglia Miani – Quindi leggere i cartelli relativi alla balneazione ed eventuali divieti. Ovviamente, se non si ha dimestichezza con l’acqua – conclude – è fondamentale munirsi di salvagenti perché nell’acqua dolce si galleggia meno bene rispetto all’acqua di mare”. 

“Tra le cause degli annegamenti in laghi e fiumi, il 10% dei circa 400 annegamenti che si verificano ogni anno in Italia, la principale è la bassa temperatura dell’acqua: fino a 10 gradi centigradi in meno rispetto a quella del mare. In molti, dopo una lunga esposizione al sole con una temperatura esterna che spesso tocca o supera i 33 gradi, si tuffano improvvisamente” nelle “acque dove la temperatura è di 12 gradi, talvolta anche 6, rispetto ai 22 gradi in media del mare. Un errore che in tanti pagano caro”, afferma all’Adnkronos Salute Fulvio Ferrara, esperto dell’Osservatorio nazionale annegamenti, istituito dal ministero della Salute nel 2017 per capire le dinamiche degli incidenti in acqua.  

“I malori per choc termico – spiega il ricercatore dell’Istituto superiore di sanità – sono frequenti e spesso mortali. Inevitabilmente lo sbalzo di temperatura provoca una perdita di coscienza per mancanza di sangue che arriva al cervello. Quindi la persona sviene e inala acqua” fino ad annegare. “Ma intervengono anche altri fattori – sottolinea Ferrara – ovvero le vittime sono spesso non nuotatori. Sono giovani che provengono da Paesi quali Africa e Asia, che non sanno nuotare e che non possono, per motivi economici, permettersi una giornata in uno stabilimento balneare. Farsi un tuffo nel fiume o nel lago è più alla loro portata. Ma sappiamo bene che nelle acque interne non c’è la sorveglianza e la vigilanza che troviamo nei lidi marini. Per questo motivo, quando succede l’incidente non è possibile intervenire per tempo”.  

Sebbene “il 10% dei circa 400 annegamenti l’anno in Italia si verifichi nelle acque interne – prosegue Ferrara – le morti per annegamento in laghi e fiumi destano allarme perché se ne parla di più rispetto al passato, c’è maggiore attenzione della stampa anche a livello locale, e per noi è un bene perché ci aiuta a capire meglio questo fenomeno. Ma va detto vengono eseguiti 70mila interventi di salvataggio all’anno e che i morti per annegamento sono in calo, seppure ancora in numero considerevole”. 

Per questo motivo occorre puntare sulla prevenzione, “cercando di portare i bambini ad avere confidenza con l’acqua il prima possibile. Promovendo corsi di nuoto a partire dai 5-6 anni di età e l’educazione all’acquaticità sin dai primissimi anni di vita”, raccomanda. Il giovane che invece è stato travolto da un’onda anomala nel mare di Tenerife “è deceduto per trauma, la massa d’acqua infatti lo ha sbattuto sul fondo”. Un altro pericolo da non sottovalutare sono le correnti di ritorno: “In molti le contrastano, nuotando contro corrente. Un errore da non fare. In questo caso si affaticano, hanno malori, tra cui infarti, e di conseguenza inalano acqua fino a morire” conclude.