Home Flash News Caso Montante, l'ex sindaco Campisi: "Vita infernale coi paladini antimafia"

Caso Montante, l'ex sindaco Campisi: "Vita infernale coi paladini antimafia"

Caso Montante, l'ex sindaco Campisi: "Vita infernale coi paladini antimafia"

(Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – Con voce pacata ma ferma l’ex sindaco di Caltanissetta Michele Campisi ripete più volte di avere vissuto, tra il 2009 e il 2014, una “vita infernale”, dopo avere annunciato di volere creare una associazione antiracket a Caltanissetta. Durante la sua deposizione al ‘maxiprocesso’ che vede alla sbarra l’ex presidente degli industriali siciliani Antonello Montante, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico, l’ex sindaco ha ricordato il periodo in cui si trovò “in piena solitudine” contro “i paladini dell’antimafia” che venivano “elogiati dai magistrati”. E ricorda, in particolare, un aneddoto, quando cioè voleva creare una associazione antiracket intitolata al giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia. “Avevano dato la loro adesione una ventina di imprenditori e avevo annunciato che il Comune si sarebbe costituito parte civile in tutti i processi di mafia”, spiega Campisi.  

“All’uscita del pontificale il questore di allora Marino mi disse che avrei dovuto rinviare l’avvio dell’associazione perché non erano arrivati a controllare una persona – dice ancora l’ex sindaco – Io tolsi questo signore e costituimmo l’associazione Rosario Livatino con l’autorizzazione alla famiglia. Uno solo era di Caltanissetta, le altre persone tra San Cataldo e Niscemi. Da quel momento ebbi due mesi di vita infernale. Fui convocato in prefettura e si fece una riunione e venne addirittura Tano Grasso, c’erano tanti giornalisti. C’era Alfonso Cicero, non ricordo se c’era pure Montante, probabilmente c’era, e poi Marco Venturi (oggi uno dei più grandi accusatori di Montante ndr) e Ivan Lo Bello. Fui fatto nero in quella circostanza perché – non si capiva perché – non potevo costituire quella associazione. Fui convocato dal prefetto Petrucci. Il prefetto mi disse, dopo che eravamo rimasti soli, ‘Lei è una persona onesta vada avanti’. In quella riunione emerse che era stata costituita un’associazione antiracket a Caltanissetta ma c’era un solo associato e questo signore era presente alla riunione sembrerebbe, ma io non ne ho visti, che era stata costituita prima. Io dissi che ce ne potevano essere anche mille”. 

Poi l’ex sindaco di Caltanissetta aggiunge: “Ricordo che a ogni inaugurazione dell’anno giudiziario, per cinque volte di seguito, quando ero sindaco, si diceva sempre che dovevamo seguire il percorso di legalità che stavano tracciando quelli di Confindustria. Se io fossi stato accanto a loro, forse sarebbe andata diversamente. Il vento in poppa era quello in quel momento…”. E ancora: “Non c’era un passaggio in cui i procuratori non esaltassero i ‘paladini dell’antimafia’. Io volevo un sostegno forte della magistratura, ma mi trovavo sempre più solo”. “Si parlava di una forza politica importante che era composta dal gruppo dei ‘legalisti’, che rano Montante, Venturi e Romano (l’imprenditore ndr)”. 

Sempre oggi è stato sentito, come teste, anche un ispettore della Guardia di Finanza di Caltanissetta, Vincenzo Daniele, che nel 2009, dopo una segnalazione, aveva avviato degli accertamenti su operazioni sospette riguardanti l’imprenditore Pasquale Giorgio, amico dell’imprenditore Antonello Montante. In particolare le Fiamme gialle sospettavano operazioni di riciclaggio dell’imprenditore con il Venezuela. Ma dopo alcuni mesi, il maggiore Ettore Orfanello, che guidava le Fiamme gialle, chiese notizie sull’indagine facendo capire ai suoi sottoposti che quell’accertamento “andava archiviato”. Orfanello è tra gli imputati del processo. ”Qualche tempo l’inizio degli accertamenti – racconta l’ispettore della Gdf interrogato dal pm Maurizio Bonaccorso- il maggiore Orfanello mi chiese come andava l’indagine e io risposi che dagli accertamenti bancari stavamo accertando le operazioni sospette, di riciclaggio. Lui mi disse che ci voleva il reato presupposto e io risposi che lo avremmo trovato, ma lui con tutto un discorso mi fece capire che avrebbe voluto archiviare la pratica e dopo tre giorni fui trasferito alla compagnia di Caltanissetta e non ne seppi più nulla”.  

“Vidi dopo qualche mese un pacco sopra la scrivania dell’ufficio comando e allora capii che quel pacco che riguardava l’indagine su Giorgio stava andando all’archivio”, ha proseguito il finanziere sollecitato dalle domande del pm Bonaccorso.  

In apertura di udienza è stato reso noto al Presidente Francesco D’Arrigo che l’ex presidente degli industriali siciliani Antonello Montante non rinuncia alla prescrizione, scattata nelle scorse settimane per un reato. Ad annunciarlo in aula, a inizio udienza, è stato il suo legale, l’avvocato Giuseppe Panepinto. Invece, un altro imputato, Letterio Romeo, ufficiale dell’Arma dei carabinieri, attraverso il suo legale, l’avvocato Giuseppe Dacquì, è l’unico imputato a rinunciare alla prescrizione nell’ambito del processo al cosiddetto ‘cerchio magico’ di Montante. Che anche oggi, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, è assente.  

Nella scorsa udienza era stato il Presidente del Tribunale, Francesco D’Arrigo a parlare della prescrizione su alcuni reati e aveva chiesto ai legali degli imputati e alle parti civili di effettuare le dovute verifiche. Per Montante era subentrata la prescrizione per il capo di imputazione H, cioè la truffa in concorso, insieme con l’ex assessora regionale all’Industria Linda Vancheri e con l’imprenditore Carmelo Turco. La prescrizione riguarda anche l’imputato Salvatore Calì per il capo J, cioè per favoreggiamento, ma anche Carlo La Rotonda e lo stesso Calì per il capo L, cioè la simulazione di reato. Inoltre, prescritto anche il capo M per Letterio Romeo, cioè il falso.  

Nel ‘processone’ di Caltanissetta, che si celebra presso l’aula bunker del carcere Malaspina, sono imputati, oltre all’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex commissario Irsap Maria Grazia Brandara, gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco, Vincenzo Savastano vice questore aggiunto all’epoca dei fatti della Polizia presso l’ufficio di frontiera di Fiumicino, Gaetano Scillia capocentro Dia di Caltanissetta dal 2010 al 2014, Arturo De Felice, direttore della Dia dal 2012 al 2014, Giuseppe D’Agata, colonnello dei carabinieri, e Diego Di Simone Perricone, ex capo della security. Sul banco degli imputati anche l’ex Presidente del Senato Renato Schifani, oggi accusato di concorso esterno in associazione a delinquere semplice e rivelazione di notizie riservate.  

Sotto processo anche l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece, il ”re dei supermercati” Massimo Romano, il tributarista Massimo Cuva, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori del settore sicurezza Andrea e Salvatore Calì, Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta (tre dipendenti di Montante), il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda; il maggiore della Guardia di Finanza Ettore Orfanello; il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo.  

L’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, secondo gli inquirenti, avrebbe messo in piedi un vero e proprio ‘sistema’ di potere, ideato e attuato “grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni”. Inoltre sarebbe stato al centro di una attività di dossieraggio realizzata, anche grazie a complicità eccellenti, attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e finalizzata a ricattare “nemici”, condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico. Il processo è stato rinviato a lunedì prossimo, 12 giugno, per sentire altri testi dell’accusa.