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Investimento in private equity: tutto ciò che devi sapere per non sbagliare

Investimento in private equity: tutto ciò che devi sapere per non sbagliare

(Adnkronos) – Milano, 2 marzo 2023.Quanti desiderano investire il proprio denaro, approfittando di rendimenti sopra la media, vengono spesso indirizzati verso il private equity, il mercato più ampio degli asset privati. Prima di procedere, tuttavia, significato e caratteristiche specifiche di questa forma di investimento dovrebbero essere ben chiari, poiché anche in questo settore, non mancano rischi e ambiguità. Quali sono, dunque, le informazioni da conoscere prima di investire nel private equity? L’analisi di

SoldiExpert SCF, società di consulenza finanziaria indipendente, fornisce una risposta chiara e puntuale, con l’obiettivo di aiutare i potenziali investitori a scegliere con consapevolezza. 

Cos’è il private equity? Ecco come funziona 

Quando si parla di private equity, si fa riferimento ad una forma d’investimento dove i capitali appartenenti a diversi investitori privati sono raccolti da ulteriori investitori istituzionali, al fine di acquisire partecipazioni in imprese non quotate in Borsa.  

L’investimento in private equity ha lo scopo di ottenere, collocando il proprio capitale in società non quotate, un maggiore rendimento a lungo termine. Tuttavia, investire in “azioni private”, in contrapposizione al più diffuso investimento in listed equity (cioè azioni quotate in Borsa) presenta maggiori rischi. 

Quello del private equity è un settore diventato sempre più popolare negli ultimi decenni, specialmente tra gli investitori istituzionali come i fondi pensione, i fondi sovrani e le compagnie assicurative. Anche i privati, tuttavia, mediante un investimento minimo più elevato, possono partecipare a questi fondi private. Un trend sempre più “democratizzato”, che non sembra essere
destinato ad esaurirsi tanto presto. 

Le nozioni da conoscere sul private equity prima di investire 

È bene precisare che il private equity non è adatto a tutti. Si tratta di un investimento a lungo termine, con fondi che richiedono un impegno finanziario con una durata che varia dai cinque ai dieci
anni. Non è quasi mai possibile uscirne anticipatamente e non è nemmeno detto che, alla scadenza, sarà possibile liquidare tutte le posizioni detenute e acquisite. 

Bisogna poi tenere conto che vi si accede attraverso società di private equity, ossia che investono in imprese non quotate in Borsa e che inseriscono le proprie partecipazioni in un fondo d’investimento ad hoc. E visto che si tratta di realtà non quotate, risulta più difficile giudicare la qualità e la trasparenza del business. 

Ciò significa che la valutazione dell’investimento è soggettiva e che richiede maggiore attenzione (o una fiducia totale nel gestore). Senza contare che, spesso, i fondi di private equity sono attivi in settori specifici. Dunque, prima di investirvi, occorre valutarne le prospettive di sviluppo. 

Raccolta private: la situazione in Italia e nel mondo 

Secondo i più recenti dati disponibili (fonte AIFI-PWC), in Italia, il private equity non se la passa molto bene, almeno per ciò che riguarda il confronto tra il primo semestre 2022 con il medesimo periodo dell’anno precedente che era stato particolarmente spumeggiante. Le 26 realtà del nostro
Paese che operano nel settore hanno visto calare i propri capitali del 40% in un solo anno (da 2,63 a 1,56 miliardi di euro). Una riduzione, tuttavia, in linea con il -43% a livello globale individuato da PWC nello stesso periodo (da 432 a 237 miliardi di dollari). 

Diversi, invece, i dati relativi al private equity in Italia se si vanno a guardare gli investimenti
effettuati. In questo caso, dai 4,6 miliardi investiti in società non quotate si è passati a quasi 11 miliardi, con una crescita del 139%. 

Ma i private equity fund convengono veramente? 

Per accedere al mondo dell’investimento in private equity bisogna passare dai private equity fund. Ma sono davvero convenienti? Forse sì, se avessero costi umani e se mantenessero sempre le promesse. Tuttavia, troppo spesso, i costi applicati ai clienti li rendono poco appetibili. Lo dimostrano alcune analisi di SoldiExpert SCF relativa ad alcuni fondi di private equity proposti ai risparmiatori. 

Ci si può trovare in 8 anni a pagare dopo una tassa d’ingresso dell’1% altri “costi ricorrenti” annualipari al 2,84% e un investimento di 10.000 euro potrebbe consentire alla società di gestione che
colloca questi fondi a ottenere dai 2.370 ai 7.284 euro di commissioni. 

Senza dimenticare, poi, che nella storia ci sono stanti private equity fund che hanno perfino chiuso
i battenti con risultati negativi e anche molto negativ
i. E quelli che hanno fatto grandi promesse non le hanno talvolta minimamente mantenute, raramente avvicinandosi ai risultati sperati. Due gli aspetti critici da ricordare di questa forma di investimento: costi che possono gravare sui fondi e liquidabilità non certa. Perché i costi possono avere un impatto alto? Perché questi fondi spesso anche fondi di fondi e il cliente, oltre ai costi propri del private equity fund si vede addebitati anche i costi dei fondi in cui investe lo stesso fondo. E i costi sottostanti possono essere numerosi e non sempre visibili e preventivabili. 

Attenzione a non confondere private equity e venture capital 

Molto spesso si tende a considerare private equity e venture capital come se fossero la stessa realtà. Pur operando nel medesimo settore (investimenti ad alto rischio e potenziale in società non quotate) sono due prospettive distinte. 

Possiamo affermare che il private equity sia “meno coraggioso” rispetto al venture capital, poiché investe prevalentemente in azioni consolidate o mature, con fatturati di decine o centinaia di milioni di euro all’anno. Al contrario, il venture capital punta su start-up, aziende neonate o in fase di
lancio: un’attività decisamente più rischiosa anche se, quando va a buon fine, garantisce rendimenti a doppia cifra. 

ETF e private equity: il rischio è presente ma a costi ridotti 

Come già accennato, investire in società non quotate con un fondo non specializzato può
comportare costi piuttosto importanti. Costi così elevati da spingere gli investitori a rivolgersi ad un consulente finanziario indipendente per ricevere una seconda opinione sul fondo proposto, o per valutare le migliori alternative agli equity fund (sempre restando nell’ambito dei mercati privati). 

Tra queste, una possibilità potrebbero essere gli ETF, Exchange Traded Funds. Il rapporto tra private equity ed ETF può essere riassunto come “private equity ed ETF, rischio sì ma a costi ridotti”. Che significa? Che gli ETF che investono in questo settore, mediante le principali società mondiali quotate attive in questo settore, incorporano certo il rischio del business ma con alcuni vantaggi. Trattandosi di veicoli quotati sono, infatti, scambiati in Borsa. Se il settore a 10/15 anni andrà bene le società leader del settore è probabile che ne beneficeranno e la diversificazione attuata tramite un veicolo come gli ETF può ridurre il rischio per quanto è bene sapere che la volatilità in Borsa delle società è altissima. E si tratta quindi di investimenti da considerare ad alto rischio e un gradino sopra le azioni mondiali. 

Gli Exchange Traded Funds, essendo quotati in borsa, possono essere negoziati senza dover passare
per la “catena del valore” dei fondi. Una catena che crea valore per chi li vende, dagli emittenti ai consulenti finanziari. E poi, la differenza di costo tra un ETF e un fondo della medesima categoria dello stesso settore può arrivare all’80/90% in meno. 

Private equity: le performance di questi investimenti sono tutte da valutare 

Dunque, nel caso di investimenti in società, che siano quotate o meno, il motore del rendimento è
la performance delle società su cui si scommette. Questo, però, se si investe direttamente su di esse. Scegliendo un fondo di private equity che investe su questo tipo di realtà, si alza il livello di complessità. 

Dato che non si tratta più di investire in una singola impresa, ma in un paniere più o meno omogeneo, il rendimento dipenderà sia dalle performance dello stesso paniere che dalla capacità dei gestori del fondo di condurlo al meglio. Se poi si investe in fondi comuni che a loro volta investono in fondi di private equity, i costi aumentano ulteriormente per quanto aumenta la diversificazione (e questo è certo positivo). 

Insomma, che il settore del private equity non sia facile da gestire lo dimostrano diversi eventi avvenuti negli ultimi anni, che hanno visto protagoniste realtà anche del calibro di Banca Generali. Vi sono fondi di private equity o debt che, nonostante le promesse di rendimenti extra si sono rivelati autentiche delusioni, costringendo la società collocatrice a intervenire. Prima di sottoscrivere un investimento del genere, infine, è indispensabile considerare tutti i fattori precedentemente elencati in questo articolo e, eventualmente, richiedere una consulenza una tantum o un secondo parere
ad un consulente indipendente e comunque richiedere ed esaminare con attenzione tutta la documentazione pre-contrattuale e farsi dare dall’intermediario il preventivo dettagliato dei costi (ex ante) stimati sia una tantum che ricorrenti. 

Informazioni su SoldiExpert SCF 

Questo contributo è stato realizzato da SoldiExpert SCF una delle principali società di consulenza finanziaria (SCF) indipendenti in Italia, specializzata nel assistere senza conflitti d’interesse (la remunerazione è esclusivamente a parcella, fee only) investitori piccoli e grandi nella gestione del proprio patrimonio, selezionare i migliori strumenti (azioni, obbligazioni, ETF, fondi..) o prodotti in base alle specifiche di ciascun cliente e supportarli con il proprio Ufficio Studi come strategie d’investimento e analisi. 

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