Home Economy Webuild, gioiello dell’economia italiana e ultimo baluardo dalemiano (ma fino a quando?)

Webuild, gioiello dell’economia italiana e ultimo baluardo dalemiano (ma fino a quando?)

Webuild

Metropolitane, green buildings, reti ferroviarie, arterie autostradali, ma anche dighe e impianti idroelettrici. La mission del gruppo Webuild è semplice: realizzare grandi infrastrutture complesse in nome della mobilità sostenibile della riduzione dell’impatto ambientale delle aree più urbanizzate del pianeta. Stiamo parlando di un player globale, di un soggetto strategico made in Italy, nato nel maggio 2020 ed erede dell’originaria Salini Impregilo, società per azioni a sua volta creata nel 2014 dalla fusione di Salini S.p.a e Impregilo S.p.a, due aziende italiane attive nel settore delle costruzioni.

Il gigante delle costruzioni nato dalla usione tra Impregilo e Salini

Salini e Impregilo sono stati due pezzi di grande storia dell’imprenditoria italiana. Dalla chiamata di Impregilo tra le imprese chiamate in campo dal governo egiziano per operare nel contesto della Diga di Assuan nel 1964 alla fusione del gruppo prima del cambio di denominazione e al sostegno della società al programma Progetto Italia avviato nel 2018 WeBuild eredita una lunga tradizione di sviluppo infrastrutturale.

Webuild è un classico esempio di “partenariato pubblico-privato” esteso in forma aziendale. E un raro caso tra le società a partecipazione pubblica di gruppo con maggioranza delle quote di proprietà privata. Salini S.p.a. ne detiene il 44,17% delle azioni, Intesa San Paolo e Unicredit il 5,27%, a testimonianza dell’impegno della finanza nazionale sul progetto, mentre il 18,68% è indirettamente in mano pubblica tramite Cdp Equity, il braccio strategico della banca pubblica di Via Goito. Erede del Fondo Strategico Italiano costituito nel 2011 su iniziativa dell’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, Cdp Equity opera prevalentemente sostenendo la crescita dimensionale di aziende appartenenti a settori di rilevante interesse nazionale per mezzo di acquisizioni di quote azionarie e aumenti di capitale funzionali a prevenire scalate straniere o fasi di crisi sistemica.

Progetti in oltre 50 Paesi e 70mila dipendenti

Webuild è negli anni balzato in vetta alla classifica delle imprese nostrane operanti all’estero, lavorando in oltre 50 Paesi e vantando 70mila dipendenti tra diretti e indiretti. È stato riconosciuto per 5 anni da Engeneering News – Record (ENR) come prima società al mondo per la realizzazione di infrastrutture nel settore acqua dai progetti idraulici e di smaltimento delle acque reflue agli impianti di potabilizzazione e dissalazione), mentre dal 2018 fa parte della top ten del settore ambiente ed è anche un global leader nel settore della mobilità sostenibile.

Un fatturato pari a 6,4 miliardi di euro nel 2020

Gli ultimi dati, relativi alla fine del 2020, sono emblematici. Il gruppo ha registrato un fatturato pari a 6,4 miliardi di euro e un portafoglio ordini complessivo pari a 41,7 miliardi di euro, con l’89% di backlog construction inerente a progetti collegati all’avanzamento dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Il 63% di questi ha riguardato la sustainable mobility, quindi la clean hydro energy (21%), la clean water (3%) e i green buildings (2%).

Strade e autostrade Usa “made in Italy”

In Italia i progetti del gruppo sono chiaramente numerosi e ne contiamo 27, dalla tratta Bovino-Orsara della linea ferroviaria ad alta velocità Bari-Napoli al progetto unico Terzo Valico dei Giovi, nodo di Genova.

Ma a fare la differenza per il gruppo è la presenza di Webuild in ogni angolo del mondo, che offre all’Italia la grande occasione di avere voce in capitolo nella costruzione delle infrastrutture, un settore geopoliticamente rilevante e, almeno in forma indiretta, connesso alla politica estera della nazione. I progetti del gruppo sono innumerevoli, tra quelli realizzati e gli altri in cantiere. Citiamo i casi più interessanti.

Negli Stati Uniti, Webuild sta tirando a lucido strade e autostrade dell’intera nazione. È impegnata nell’ammodernamento di 26 chilometri della I-405 di Washington; nella costruzione della strada Wekiva Parkway nella Contea di Seminole in Florida; nell’allargamento dell’I-440/US 1 da sud di Walnut Street fino a nord di Wade Avenue e nel miglioramento dello svincolo I-77/I-40 nella Contea di Iredell, entrambi in North Carolina; nell’estensione Phase III della superstrada a pedaggio 183A in Texas; nella Poinciana Parkway Phase 2, nella contea di Polk, in Florida; nella costruzione della I-10 Corridor Express Lanes, in California. Ma la punta di diamante è forse la Texas High Speed Rail, una linea ad alta velocità – la prima degli Usa – per collegare le città di Houston e Dallas in meno di 90 minuti e, al tempo stesso, rendere la mobilità statunitense più sostenibile. L’investimento complessivo ammonta a circa 16 miliardi di dollari.

Geopolitica delle infrastrutture: Wuibuild in Qatar e Oceania

Spostiamoci in Qatar, dove è partito il conto alla rovescia per gli attesissimi mondiali di calcio in programma nel 2022. Webuild ha costruito l’Al Bayt Stadium di Doha, l’impianto da 60mila posti che ospiterà alcune gare dell’evento, per conto della Fondazione Governativa Aspire Zone. In Medio Oriente citiamo la linea ferroviaria ad alta velocità Halkali-Kapikule, in Turchia, la Linea 3 della metropolitana di Riyadh, in Arabia Saudita e il Meydan One Mall di Dubai, uno dei punti di forza in vista di Expo 2022.

Per quanto riguarda l’Oceania, il gruppo si è aggiudicato, tra le altre commesse, il North East Link Project, un progetto dal valore di 2,1 miliardi di euro che dovrà fornire a Melbourne, megalopoli dell’Australia, una nuova rete autostradale. Si tratta della più grande iniziativa infrastrutturale realizzata con formula PPP (Public-Private Partnership) in questo Paese. In India proseguono i lavori per il Versova-Bandra Sea Link di Mumbai, un’autostrada dotata di quattro corsie per senso di marcia, e per la Linea 4 della Metropolitana di Mumbai, che prevede la progettazione e lo sviluppo di circa 20 chilometri di viadotto ferroviario e 18 stazioni, tutte in elevazione, nell’ambito del collegamento tra il distretto di Wadala (nel centro della città di Mumbai) con il distretto di Thane.

Gli interventi in America Latina e Africa

In America Latina Webuild è attiva, giusto per fare qualche esempio, nella costruzione del nuovo ospedale di Linares, in Cile, della centrale idroelettrica Yaciretà in Paraguay, della metropolitana di Lima. In Europa sono attivi 17 progetti, tra cui la linea ferroviaria alta velocità Torino-Lione; il potenziamento di una tratta ferroviaria di 13,6 chilometri tra le città di Nykirke e Barkåker, in Norvegia; il ponte di Braila, in Romania, il termovalorizzatore di Danzica e persino la ristrutturazione della sede delle Nazioni Unite a Ginevra.

In Africa sono attivi cinque progetti che ruotano attorno al ruolo dell’acqua. Si va dalla diga e la centrale elettrica di Gurara, in Nigeria al Polihali Diversion Tunnels del Lesotho, ma il più grande e importante di questi è sicuramente quello connesso al Koysha Hydroelectric Project e alla Great Ethiopia Renaissance Dam dell’Etiopia, piani che si sommano alla volontà geopolitica del governo di Addis Abeba di controllare il flusso idrico sul Nilo e che secondo molti osservatori ha scatenato la reazione di Egitto e Sudan sotto forma di risposta favorevole ai ribelli tigrini nella guerra che da un anno sconvolge l’ex colonia italiana.

Webuild opera in Etiopia come proiezione dello Stato italiano, forte delle garanzie di Sace alle sue operazioni all’estero. Tuttavia, di fronte all’avanzata dei rivali del premier etiope Abiy Ahmed verso Addis Abeba e all’instabilità che sta dilaniando l’ex “tigre” del Corno d’Africa Webuild corre il serio rischio di andare incontro a una notevole perdita qualora i progetti idrici in Etiopia non dovessero arrivare a compimento. E a cascata il sistema-Paese Italia potrebbe trovarsi in una situazione scomoda. Non a caso la diplomazia italiana ha messo da tempo nel mirino il Corno d’Africa e l’area del Mar Rosso nel quadro di una crescente stabilizzazione geopolitica e, di converso, economica.

Webuild e i rapporti con Sace

Autrice di grandi progetti infrastrutturali e di investimento a elevata intensità di capitale, Webuild si avvale spesso delle garanzie all’export di Sace per le sue attività. Ad oggi, le due società sono legate anche per un’importante questione legata al valzer delle nomine: rappresentano l’ultima ridotta di resistenza a livelli apicali di figure legate a Massimo D’Alema ai vertici delle società vicine o controllate dallo Stato, dunque un target importante per future procedure di nomine.

Webuild, l’ultimo baluardo dalemiano nelle società statali

Depotenziato in seconda fila da Ministro degli Affari Europei a semplice sottosegretario Enzo Amendola nel passaggio dal governo Conte II a Draghi, estromesso da Via XX Settembre Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia ed ora sindaco di Roma, declassato nella lista dei boiardi di stato anche l’ex supercommissario all’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, il partito dalemiano ai vertici dello Stato è oggi ridotto agli esponenti usciti dal canale di contatto costruito dall’ex premier con il mondo di oltre Atlantico assumendo la guida del board di consulenti di Ernst&Young Italia.

Iacovone, futuro in bilico

Ey, società di consulenza britannica, è ben inserita nel contesto finanziario e imprenditoriale statunitense e proprio Donato Iacovone, capo di Ernst & Young Italia, è nel 2020 diventato il presidente del gruppo infrastrutturale Webuild, mentre a novembre 2019 Rodolfo Errore, già partner di Ey, è finito in Sace con il ruolo di presidente. I nuovi giri di nomine prossimi ad aprirsi con il ritorno di Sace al Mef coinvolgeranno anche Webuild? Avranno la meglio la continuità operativa e l’adesione dimostrata dai contratti alla “nuova normalità” atlantista dell’era Draghi entro cui i dalemiani si stanno inserendo o la volontà del governo in carica di distribuire, a cascata, posizioni e nomine? A Roma si sussurra che in fondo Iacovone, al contrario di Errore, non sia in discussione. Ma tutto ciò che richiama l’era del Conte-bis, ai tempi di Draghi è da tenere particolarmente d’occhio come precario. Specie quando parliamo di un “gioiello della corona” dell’economia nazionale come il campione strategico delle infrastrutture.