Home Economy Gli studenti tornano in tenda contro Coima. Ma l’università che fa?

Gli studenti tornano in tenda contro Coima. Ma l’università che fa?

Gli studenti tornano in tenda contro Coima. Ma l’università che fa?

Perché leggere questo articolo? Gli studenti universitari tornano alla carica contro il caro-affitti. Le contestazioni degli studenti su due fronti: contro il fondo immobiliare Coima. Se i privati speculano, il pubblico e l’Università non hanno alcuna responsabilità?

L’anno accademico alla Statale comincia nel segno delle inaugurazioni e delle contestazioni che hanno riacceso la protesta per il diritto allo studio. Martedì 17 ottobre, in occasione della Giornata di Mobilitazione Nazionale contro il caro-affitti, il movimento Tende in Piazza Milano ha compiuto un’azione dimostrativa sotto la sede del fondo immobiliare Coima. Proteste civili ma decise contro un problema strutturale, per cui – oltre ai privati – anche istituzioni e università non sono esenti da responsabilità.

Gli studenti contro Coima

“Siamo sempre stati contrari al progetto di trasferimento al Campus Mind. Un progetto che dietro a grandi proclami e agli inglesismi nasconde le difficoltà per gli studenti sulla residenzialità, la mobilità, e la creazione di un tessuto sociale coerente all’esperienza universitaria” hanno scritto lunedì gli studenti, dopo aver protestato di fronte al sindaco Sala, al rettore Franzini e vari esponenti di Comune e Regione presenti alla posa della prima pietra.

Grandi fondi, agenti speculativi, politiche di cementificazione e gentrificazione. Gli studenti hanno puntano il dito contro quelli che reputano responsabili dell’emergenza abitativa. “A Milano in particolare è proprio il fondo multimiliardario Coima primo colpevole di questa situazione, che speculando non fa altro che generare profitto per la propria cricca a discapito di chi veramente vive questa città: studenti e lavoratori. Manfredi Catella, chiamato il Re del Mattone, ha in mano e gestisce 7 tra i più importanti fondi immobiliari nel privato al mondo, spartiti tra vari continenti. Catella è noto per aver comprato e “riqualificato” tutta l’area di porta nuova: sostanzialmente ha acquistato edifici vuoti al ribasso per costruirci grattacieli di merda e gentrificare tutta la zona con la solita operazione massiccia di cementificazione e innalzamento vertiginoso del carovita nel quartiere”.

Le azioni dimostrative il giorno seguente hanno preso di mira Coima. Il fondo immobiliare di Manfredi Catella, il cosiddetto “re del mattone di Milano” è ritenuto dagli studenti “il primo colpevole dell’emergenza abitativa”. Il comunicato di Tende in piazza prosegue accusando Coima, “noto per aver comprato e riqualificato tutta l’area di Porta nuova. Sostanzialmente ha acquistato edifici vuoti al ribasso per costruirci grattacieli di merda e gentrificare tutta la zona con la solita operazione massiccia di cementificazione e innalzamento vertiginoso del carovita nel quartiere”. La domanda a questo punto sorge spontanea: chi permette al privato di speculare?

Le responsabilità di Comune e Regione secondo gli studenti

“Le rappresentanze studentesche hanno contestato pacificamente contro un progetto che la comunità studentesca non ha mai voluto. Udu e Studenti Indipendenti ribadiscono la negligenza di regione Lombardia nell’occuparsi del diritto allo studio, sottofinanziando le borse di studio e non implementando le residenze pubbliche per studenti a canone calmierato“. Questo è il commento dei rappresentanti degli studenti che lunedì hanno inscenato la protesta alla posa della prima pietra di Mind.

Abbiamo partecipato a un tavolo col Comune, mentre la Regione non ci ha mai invitato“. Commenta Pietro Radaelli di Unisì. “Cerchiamo di facilitare lo scambio con le istituzioni, ed è un peccato che la Regione che ha in carico al 100% il diritto allo studio non ci abbia ricevuto. Il Comune di Milano ha fatto un passettino, ma il canone concordato delle residenze costruite dai privati – come quella di Porta Romana – è un’arma a doppio taglio: non si può fare a meno dei privati, ma le soglie di affitto sono troppo alte”. Anche Unisì ha protestato contro Mind: “una residenza costruita ex novo, che rischia di essere una reggia inaccessibile senza diritto allo studio”. Un modello più virtuoso di partnership pubblico privato? Radaelli non ha dubbi: “Al sindaco Sala abbiamo chiesto studentati diffusi. La riqualificazione deve partire dagli spazi vuoti abbandonati”.

Il diritto allo studio tra privati e pubblico

Cambiare Rotta, uno dei collettivi degli studenti tra i primi a piantare le tende fuori dalla Statale, alza il tiro. “Il diritto allo studio è una questione di classe. L’università dagli anni Novanta segue i dettami dell’Unione europea per dare vita all’economia della conoscenza. Così è iniziato il passaggio che ha aperto l’università ai privati”. Senza astrattismo, servono meno chiacchiere sul diritto allo studio. “L’università se inserita nella filiera produttiva privata non può garantire questo diritto agli studenti. Ci vogliono investimenti solo su residenze pubbliche, senza co-housign sociale e residenze diffuse”.

La questione delle residenze universitarie non riguarda solo la Statale, ma anche gli altri atenei di Milano. “Oltre all’abitare, c’è il diritto di restare” dichiara Barbara Morandi, rappresentante di Studenti indipendenti della Bicocca. “Le università creano flussi che sono esiti di politiche che spingono gli studenti a scegliere. Se gli oneri di urbanizzazione sono azzerati, significa che i privati stanno affittando gratis. Il comune, come gli altri enti non devono giocare di rimpallo. Non si può ragionare per esclusione di alcuni target, il focus deve essere includere. Le università hanno la volontà, ma serve un intervento deciso del governo”.

Davvero l’Università non può investire di più per i suoi studenti?

Eppure, l’interrogativo sulla gestione dei fondi che la Statale decide di destinare al diritto allo studio resta. Tende, proteste e convegni continuano a tenere acceso il dibattito sul caro-affitti. Una discussione in cui però spesso sembrano mancare le basi economiche. True-news.it ha già analizzato i conti delle principali università italiane, Statale compresa. Nell’anno del centenario, Unimi ha potuto festeggiare anche sul fronte economico. I conti della Statale sono più che in ordine: il bilancio consuntivo ha mostrato una crescita portentosa dei proventi dell’ateneo dal 2021 al 2022. Nell’anno appena concluso la Statale ha guadagnato 640 milioni e 822 mila euro: 60 milioni in più del 2021. Questo grazie soprattutto al contributo pubblico di 430 milioni (di cui 411 dal Mur). Di fronte a questo mare di elargizioni – in prevalenza pubblico – Unimi ha speso 101 milioni per il sostegno agli studenti e 24 milioni e per il diritto allo studio. Davvero la Statale non poteva spendere di più per i suoi studenti?