Home Economy I disoccupati del Covid? Sono i genitori. Uno su dieci ha figli sotto i 10 anni

I disoccupati del Covid? Sono i genitori. Uno su dieci ha figli sotto i 10 anni

I disoccupati del Covid? Sono i genitori. Uno su dieci ha figli sotto i 10 anni

Circa un milione di posti di lavoro in meno. È uno degli effetti più devastanti della pandemia che, in Italia, ha ampliato la percentuale di disoccupati e di persone che hanno del tutto rinunciato a cercare una qualche forma di stabilizzazione. L’emorragia piano piano si sta fermando, come dimostrano i nuovi dati pubblicati da Istat che parlano di un piccolo boom (più 420mila occupati a giugno 2021), eppure ci sono fasce della popolazione che più di altre hanno pagato restrizioni, crisi economica e blocco dell’attività scolastica dei propri figli.

I disoccupati Covid? Soprattutto genitori

Non è un caso che il cinque per cento di chi ha perso il lavoro nei mesi del lockdown sia genitore di bambini fra uno e dieci anni. A confermarlo è la ricerca “People at work 2021: a global workforce wiew” condotta da Adp, multinazionale leader nell’ambito dell’human capital management. Lo studio ha coinvolto circa duemila lavoratori italiani – fra il 17 novembre e l’11 dicembre 2020 – analizzando gli atteggiamenti dei dipendenti nei confronti dell’attuale mondo del lavoro e le loro aspettative e speranze future.

Come riporta l’indagine, secondo la maggior parte dei dipendenti italiani con figli (48 per cento), i datori di lavoro si sono dimostrati accomodanti nei confronti delle esigenze delle famiglie in tempi di Covid, con mamme a papà alle prese con l’accudimento dei figli o la chiusura delle scuole. Inoltre, secondo il 34 per cento dei genitori il proprio manager ha addirittura consentito maggiori misure a loro favore rispetto a quelle consentite dall’azienda e previste dai diversi regolamenti.

Le difficoltà delle donne con figli, tra Dad e asili chiusi

Ma naturalmente esiste anche un rovescio della medaglia: nonostante gli elementi positivi della pandemia in termini di maggiore flessibilità, ci sono ancora delle zone di resistenza che hanno influenzato in negativo l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Sono infatti ancora molti i manager che limitano la flessibilità garantita dall’azienda, come testimoniano le dichiarazioni di una percentuale significativa di lavoratori, genitori e non (24 per cento). A questo si aggiunge che ben il cinque per cento dei genitori con figli di età compresa fra uno e dieci anni ha lasciato la propria occupazione volontariamente durante la pandemia.

A preoccupare sono anche le prospettive future: secondo molti dipendenti (32 per cento) le agevolazioni offerte ai genitori lavoratori verranno eliminate entro un anno. Insomma, a pagare un prezzo molto alto alla pandemia sono state le famiglie, le mamme e i papà che hanno trovato impossibile gestire i propri impegni professionali con i figli costretti in casa fra dad e asili chiusi.La flessibilità che la pandemia ha introdotto all’interno del posto di lavoro è stato un elemento fondamentale per supportare le famiglie nella gestione dei carichi famigliari, senza compromettere le esigenze imposte dall’ambito lavorativo – conferma Marisa Campagnoli, HR director di Adp -. Eppure un genitore su cinque con un figlio di meno di un anno ha abbandonato volontariamente il lavoro a causa dell’impatto del Covid”

Disoccupati Covid, piccola ripresa con le riaperture

Si tratta di una situazione che coinvolge anche le famiglie con bambini più grandi, basti pensare che un genitore su sette con figli tra gli 11 e i 17 anni ha lasciato il lavoro. Questa perdita di talenti diventerà un serio problema per i datori di lavoro e coloro che gestiscono e definiscono le policy aziendali”. Le riaperture degli ultimi mesi hanno dato nuovo impulso al mondo del lavoro. Secondo Istat, in Italia nel secondo trimestre dell’anno sono stati recuperati circa 520mila posti di lavoro rispetto all’anno precedente.

Il saldo rispetto al periodo pre Covid è ancora negativo – meno 678mila unità rispetto a giugno 2019 – ma le prospettive sono abbastanza buone. La crescita riguarda però soprattutto i contratti a termine, stipulati nella maggior parte dei casi nella fascia di età compresa fra 15 e 34 anni. Insomma, sono soprattutto i giovani e giovanissimi a trovare nuovi sbocchi, seppure precari. Più difficile la situazione per i più adulti, che compongono in buona parte quel cinque per cento di mamme e papà espulsi dal mondo del lavoro a causa del Covid. Per loro la strada sembra ancora molto in salita.