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Eugenio Zuccarelli, il data scientist che prevede le malattie coi big data

Eugenio Zuccarelli data scientist

Il suo paese d’origine è Sturla, cittadina ligure di circa 8000 abitanti. Con dedizione, studio e impegno oggi lavora come innovation data scientist a New York. Il suo nome è Eugenio Zuccarelli, giovane italiano e “cervello in fuga”. Selezionato da Forbes Italia nell’elenco dei cento migliori Under 30 italiani (nomina avuta per l’ambito Healthcare). Classe 1994, lavora per predire nei pazienti l’insorgenza di malattie croniche come il diabete e l’ipertensione grazie allo studio dei big data.

Da Sturla a New York: il percorso di Eugenio

Il percorso di studi Eugenio Zuccarelli – che ha profonde radici nella sua Liguria – parte in primo luogo dall’Università di Genova. Lì si è laureato in Ingegneria Elettronica e Tecnologie dell’Informazione. Successivamente, con l’ambizione e la curiosità di esplorare realtà diverse, si è trasferito prima a Londra per un master (dove ha studiato all’Imperial College Ingegneria Biomedica e Neurotecnologie), poi negli Stati Uniti.

Negli States ha approfondito ancora di più le sue conoscenze al Mit di Boston e all’università di Harvard. Ha avuto modo di entrare ancora di più nel mondo healthcare dei big data dove, nell’azienda Cvs Health a New York, guida e coordina un team di data scientists. Un gruppo che, studiando i dati e servendosi di uno specifico algoritmo, punta a predire nei pazienti l’insorgenza di malattie quali ad esempio il diabete e l’ipertensione.

L’esperienza a Londra

La strada intrapresa da Eugenio, fin dalla conclusione dei suoi studi all’Università di Genova, è stata quella di studiare come la tecnologia – in primis l’intelligenza artificiale – possa essere utilizzata al meglio per migliorare la salute delle persone. A Londra, dove è entrato in contatto con il sistema sanitario inglese, Eugenio ha avuto modo di lavorare con team di specialisti per creare protesi robotiche innovative.

Quella che ho fatto a Londra è stata un’esperienza lavorativa molto interessante – ha infatti dichiarato a true-news.it Eugenio Zuccarelli – perchè lì, in qualità di data analist e data scientist, ho avuto modo di lavorare per la creazione di protesi robotiche che potessero funzionare con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Il sistema sanitario inglese, che ho trovato ben organizzato, lavora molto anche sulla prevenzione tant’è vero che abbiamo fatto anche diversi studi su quanto un’operazione chirurgica, su un determinato paziente, possa avere impatti positivi o negativi“.

L’approdo a New York

All’esperienza lavorativa a Londra, che ha dato modo ad Eugenio di entrare maggiormente in contatto con il mondo dell’intelligenza artificiale, segue quella negli Stati Uniti. È il 2019 quando Zuccarelli decide di trasferirsi a New York e da quel momento, dopo un ulteriore approfondimento al Mit di Boston e all’Università di Harvard, è entrato a far parte della Cvs Health.

Alla domanda su che cosa l’abbia spinto a trasferirsi così lontano da casa, Zuccarelli ha risposto che “avevo compreso che il mio obiettivo era usare la tecnologia per avere un impatto positivo sulla salute delle persone – ha commentato – e studiare e lavorare negli Stati Uniti era il modo migliore per avere conoscenze più rigorose in questo campo.

La tecnologia può dare un apporto importante anche nel settore sanitario, ma per fare questo è necessario avere accesso ad un’alta quantità di dati da poter analizzare. Qui in America questo è più semplice, in Italia invece è più difficile. Il nostro compito, ad ogni modo, non è sostituire i dottori ma dare loro informazioni preziose“.

Eugenio Zuccarelli e la nomina a ForbesU30

Quel che è certo è che Eugenio Zuccarelli, quando ha scoperto di essere tra i ForbesU30, non ha potuto trattenere un po’ di emozione. Il motivo di questa nomina, in particolare, risiede nel fatto che, assieme al suo team, Zuccarelli ha sviluppato negli Usa uno speciale algoritmo che punta a scovare in anticipo l’insorgenza di malattie croniche come il diabete e l’ipertensione (ma Zuccarelli ha lavorato anche sul Covid e sulle malattie cardiache, specie legate ai bambini).

Si tratta di un importante strumento di prevenzione sanitaria che può avere un impatto positivo sulla salute – ha spiegato Zuccarelli – perchè, grazie al possesso dei dati e alla creazione di modelli specifici, siamo in grado di fornire informazioni e terapie personalizzate. In questo modo, se da un lato possiamo spiegare le cause del peggioramento di una malattia, dall’altro possiamo dare consigli utili sia ai medici che curano i pazienti sia ai pazienti stessi per vivere una vita più salutare“.

Intelligenza artificiale e big data, un campo ancora da “normare”

L’intelligenza artificiale e l’uso dei big data però, come tanti altri strumenti innovativi, hanno un grande potenziale per migliorare la vita di tutti ma il rischio che possano essere fonte di diseguaglianze, in realtà, è dietro l’angolo. Lo spiega anche lo stesso Zuccarelli che auspica, in questo campo, una maggiore discussione dei governi su queste tematiche.

L’uso della tecnologia e dei big data, come dicevo, può avere un impatto molto positivo sulla vita delle persone – ha rimarcato ancora Zuccarelli – ma i modelli che creiamo sono anche in grado di dirci se conviene che una persona si sottoponga ad un’operazione chirurgica (oppure no) sulla base della probabilità di successo. E qui, naturalmente, irrompe in prima piano la questione etica, ancora poco regolata dagli stessi governi. Aprire un dibattito su questi temi, a mio avviso, è estremamente importante perchè, se da un lato bisogna sempre essere precisi e attenti su come vengono usati i dati, dall’altro è fondamentale che l’utilizzo dei big data non crei disparità di trattamento. Molte compagnie e alcuni governi si stanno già muovendo in questa direzione per creare documenti normativi di indirizzo, ma in Italia si fa ancora fatica a parlare di questi temi“.

Italia e Stati Uniti, pregi e difetti dei sistemi sanitari

Per quanto invece riguarda i sistemi sanitari di Italia e Stati Uniti Eugenio Zuccarelli, da italiano che lavora negli Usa, ha raccontato a True News pregi e difetti dei due sistemi. “Il sistema sanitario americano è molto più aperto a progetti innovativi rispetto a quello italiano, e questo è sicuramente un gran pregio – spiega Zuccarelli – ma è anche vero che qui negli Usa la sanità è completamente privatizzata. Gli ospedali sono gestiti da compagnie private, e fare una normale visita per una persona normale costa tantissimo ed è un privilegio per pochi.

Per chiamare un’ambulanza, ad esempio – prosegue Zuccarelli – servono tantissimi soldi e so di molte persone che, dopo un incidente stradale, sono spaventate per il post-operatorio perché non sanno come fare a pagare. Questo porta le persone ricche a vivere inevitabilmente più a lungo e le persone povere ad avere un’aspettativa di vita piuttosto bassa. E il sistema sanitario italiano, almeno da questo punto di vista, è meritorio rispetto a quello americano“.

Nel suo caso, ad esempio, “l’azienda mi fornisce un’assicurazione sanitaria molto buona, cosa che tendono a fare le compagnie più importanti per i loro dipendenti quando operano un’assunzione. Ma queste assicurazioni sanitarie, in linea generale, coprono una persona di più o di meno (dal punto di vista sanitario) a seconda delle possibilità delle aziende. Un’azienda più grande e strutturata, quindi, tende a dare al lavoratore un’assicurazione sanitaria migliore che un’impresa medio-piccola“.

“L’Italia? Un giorno potrei tornare, ma serve più meritocrazia”

Eugenio Zuccarelli, fresco di nomina ForbesU30, ha parlato poi a True News anche del suo futuro e del suo possibile ritorno in Italia. “Un mio ritorno in Italia? Non lo escludo, mi piacerebbe restituire un giorno al mio paese ciò che ho imparato in questi anni – ha affermato – così come mi piacerebbe che l’Italia diventasse all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e dell’intelligenza artificiale. Ma uno dei miei progetti, che spero di realizzare a breve, è aprire una start up“. Per quanto invece riguarda la sua esperienza di lavoro negli Stati Uniti, Zuccarelli spiega che “qui negli Usa, rispetto a quanto accade in Italia, c’è più volontà di dare spazio alle competenze e una minore considerazione legata all’età di una persona. L’Italia, invece, manca un po’ di meritocrazia: se un giovane vuole emergere c’è l’idea che deve fare “gavetta per anni” prima di essere davvero apprezzato, mentre qui negozi il tuo talento”.