(Adnkronos) – Il suo obiettivo era finire nella ‘bibbia’ dell’anatomia con il muscolo del viso che porta il suo nome, la ‘Chiara’s fascia’, una struttura che occupa la regione del volto al di sotto dell’occhio, nella guancia. Il chirurgo plastico Chiara Andretto Amodeo, classe 1977, l’ha scoperta, descritta e studiata accuratamente dedicando più di un decennio di fatiche a raccogliere prove della sua esistenza. E oggi ci è riuscita: si è conquistata uno spazio nell’edizione in uscita della ‘Gray’s Anatomy’, la numero 43. Non la famosa serie tv ambientata in un ospedale di Seattle (che si chiama Grey’s Anatomy proprio per un richiamo al libro), ma il manuale ‘secolare’ scritto in origine dal chirurgo e anatomista britannico Henry Gray, pubblicato per la prima volta nel 1858, classico della medicina e da oltre 160 anni testo di studio per gli aspiranti medici del mondo.
La notizia, racconta Andretto Amodeo all’Adnkronos Salute, le è stata comunicata via email dalla responsabile del volume, Susan Standring: “Ho ricevuto le revisioni per il capitolo sul viso e sul cuoio capelluto nella Gray’s Anatomy edizione 43 – c’era scritto – Sono lieta di dirle che viene citato il suo lavoro e sono inclusi due riferimenti” a due pubblicazioni anatomiche firmate dall’esperta di Voghera (Pavia) e colleghi, una del 2015 e una del 2017. “E’ una cosa francamente straordinaria che la descrizione di questa fascia profonda del viso, che poi ha preso il mio nome, sarà inserita nella prossima edizione del Gray’s Anatomy – commenta Andretto Amodeo – E’ un testo che viene continuamente aggiornato e al quale fa riferimento la letteratura mondiale, gli altri libri di anatomia”.
Un percorso lungo quello affrontato dal chirurgo plastico italiano per arrivare fino a oggi. Prima dei suoi studi, questa fascia profonda che protegge il nervo facciale, in particolare il ramo che va ai muscoli mimici che sollevano il labbro, era una ‘no man’s land’, una terra di nessuno, sconosciuta. Chiara ci ha creduto. “Dopo circa 3 anni – spiega – quando ormai per noi l’evidenza c’era, ho iniziato a raccogliere e organizzare il materiale scientifico proprio perché venisse integrato in testi di anatomia”.
Al primo tentativo, nel 2018, ripercorre Andretto Amodeo, “mi avevano risposto che trovavano il materiale interessante, ma erano necessarie altre evidenze. Evidenze anatomiche, quindi di dissezioni; chirurgiche, quindi cliniche; e anche istologiche. Perciò siamo andati avanti a lavorare. Abbiamo fatto ulteriori approfondimenti al microscopio, centinaia di altre dissezioni e poi le applicazioni chirurgiche. A distanza di quasi 6 anni il materiale è stato inviato nuovamente all’editore, che ha dato l’ok, e il responsabile della sezione ha ritenuto fosse meritevole di essere integrato nel manuale. Ciò vuol dire che il dibattito sull’esistenza di questa fascia è azzerato. Adesso sarà possibile andare a studiarla sui libri”.
La nuova edizione del Gray’s Anatomy uscirà nel 2024. Andretto Amodeo non sa ancora i dettagli su come verrà presentata la sua fascia. Intanto si gode il traguardo. E tiene a ringraziare chi ha lavorato con lei e ha dato un contributo negli anni per raggiungerlo. Chi per primo nel 2014 ha osservato questa struttura fasciale al microscopio, “senza fondi, dedicando tempo e impegno”. Cioè “Andrea Casasco e Antonia Icaro Cornaglia dell’università di Pavia”, elenca. E “Giacomo Gazzano dell’Istituto Auxologico italiano di Milano”, che ha studiato a lungo i vetrini, per la parte istologica. “Con Gazzano stiamo continuando anche la parte oncologica, per quanto riguarda l’applicazione di questa scoperta nel campo dei melanomi”. E infine il suo “mentore per antonomasia”, Gregory S. Keller, professore della University of California, Los Angeles (Ucla), che per primo ha creduto nella tesi di Chiara e che l’ha accompagnata nel suo percorso in più di 10 anni di lavoro.
“E’ una profonda gratificazione, perché sono stati anni di tantissimi sacrifici e anche di ostacoli che ho incontrato – evidenzia l’esperta – Il punto è stato sempre andare avanti. E la differenza la fa veramente chi ci capisce e chi ci sostiene, chi dà un contributo, non chi ci crea problemi. Io sapevo bene dove stavo andando, ma determinante è stato anche incontrare persone che hanno capito che c’era un potenziale, e che ne valeva la pena. Questa è una tappa, anche se” entrare in un libro di anatomia, nella toponomastica del corpo umano, “certo non è qualcosa che accade tutti i giorni. Ora ovviamente si va avanti con le ricerche”.
Andretto Amodeo tiene a sottolineare un ultimo elemento in questa storia di bisturi al femminile, cominciata con una trentenne di belle speranze volata a Parigi a caccia di nuove chance per i suoi studi anatomici: “Per le donne chirurgo a volte è difficile trovare una mentorship, un professionista scientificamente realizzato in grado di accompagnarle e valorizzarle. La mia esperienza dimostra che è possibile. Magari bisogna andare dall’altra parte del mondo, ma quando si trova questa figura di riferimento si possono fare tante belle cose”.