(Adnkronos) – Il Napoli dell’ultimo scudetto e la formazione attuale sono accomunati da un gruppo coeso, al servizio del piano tattico dell’allenatore. Bigon aveva a disposizione una rosa un po’ più corta in alcune zone del campo rispetto a quella gestita oggi da Spalletti. Tra centrocampo e attacco la squadra di questa stagione, grazie al lavoro della società di De Laurentiis e del ds Giuntoli, ha potuto contare su una maggiore disponibilità di uomini, oltre che su un tasso tecnico complessivamente superiore.
Nella squadra guidata da Bigon spiccavano il genio sconfinato di Maradona e la classe di Careca. Nel Napoli targato Spalletti i giocatori chiave sono stati Osimhen e Kvaratskhelia. Ma questa formazione ha avuto anche altri punti di forza, forse anche inaspettati alla vigilia, come Kim e Lobotka, che hanno saputo dare forza, concretezza e geometrie al gioco plasmato dal tecnico di Certaldo. Va detto, comunque, che entrambe le rose hanno un punto in comune: l’apporto infaticabile di ogni giocatore sceso in campo, di tutta la rosa: da Politano a Lozano, da Simeone a Raspadori, da Di Lorenzo a Mario Rui.
Le prestazioni eccelse dei calciatori sopra citati sono la ciliegina sulla torta di due realtà sapientemente gestite dai rispettivi tecnici. La filosofia attorno alla quale Bigon ha costruito il suo Napoli si basava principalmente su una solida fase difensiva, mentre la squadra di Spalletti ha messo in evidenza maggiori qualità di gioco, armonico e verticale, offensivo e mai banale. La squadra partenopea ha affrontato ogni gara con l’atteggiamento richiesto dal mister toscano, a prescindere dall’avversario affrontato. In campionato non c’è stata storia, diverso il discorso in Coppa Italia (eliminata dalla Cremonese) e dalla Champions (eliminata dal Milan). Ma quello di quest’anno potrebbe essere solo il primo passo.