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La fine del basket italiano

La fine del basket italiano
Il Basket italiano sta per morire, di Covid ma non solo. È strano quello che succede nel nostro paese per quanto riguarda la palla a spicchi, che resta uno degli sport più praticati (300mila i giocatori, terzo sport in classifica dopo il calcio e a breve distanza dalla pallavolo, seconda) ma che fatica a creare una Serie A di qualità, e quindi attrattiva. È di settimana scorsa la notizia del fallimento e scomparsa della Pallacanestro Roma, squadra che non troppo tempo fa ha fatto la storia del basket italiano insieme ad altre realtà che oggi stentano. Negli anni ’80-’90 dominavamo in Europa e la nostra massima serie era il meglio di quanto si poteva vedere lontano dagli Stati Uniti: Bologna, Milano, Siena, Varese, Cantù, Pesaro, e appunto Roma. Uno spettacolo. Oggi quello che resta è il semi deserto.
I bilanci parlano chiaro. La scorsa stagione il giro d’affari totale della Serie A ha superato di poco i 90 milioni di euro, di cui 30, un terzo del totale, appartengono a Milano (grazie alla passione e ai soldi di Armani). C’è poi la Virtus Bologna (a pagare è il patron di Segafredo, Zanetti, altro super appassionato) a 9 milioni. Il resto sono spiccioli con società alla ricerca di miracoli economici per sopravvivere. Ricordiamo che lo scorso anno fallirono e sparirono Torino ed Avellino. Oggi, con il Covid, le cose vanno anche peggio dal punto di vista economico (senza gli incassi di abbonati e spettatori è un altro salasso) e da quello sportivo con centinaia di migliaia di giovani bloccati a casa essendo il basket uno sport da contatto per eccellenza ed una serie A il cui livello tecnico è imbarazzante se paragonato ai fasti del passato. La situazione è drammatica ed il lavoro del presidente Fip, Petrucci e del presidente di Lega, Gandini, arduo. Mentre dall’altra parte dell’oceano la NBA resta una delle principali macchine di sport, show e soldi del mondo sportivo globale, anche con la pandemia. Altro mondo, in campo e fuori. (Foto: Leowefowas via Amazon)