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“Missione Salute”: cosa manca nel Recovery Plan italiano

“Missione Salute”: cosa manca nel Recovery Plan italiano

di Francesco Floris

È la “missione” numero 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. E qualcuno, anche per questa “posizione in classifica” così gerarchicamente penalizzante durante una pandemia, ha storto il naso. La “Missione Salute” da quasi 20 miliardi di euro del Recovery Plan italiano arriva al rush finale, dopo un lungo iter ancora in corso che ha visto l’audizione da parte della politica di decine di attori: associazioni imprenditoriali, sindacati, terzo settore, specialisti clinici. Tutti gli stakeholder e i portatori d’interesse della sanità italiana.

L’iter

Dopo un passaggio parlamentare ora il Recovery torna in consiglio dei ministri per l’approvazione definiva prima di essere a inviato a Bruxelles trasmesso alla Commissione Europea che ha due mesi di tempo per approvarlo e inviarlo a sua volta al Consiglio Europeo dove l’approvazione passa dal voto a maggioranza qualificata.

Nel dettaglio c’è da decidere come e dove ripartire 7 miliardi destinati all’assistenza di prossimità e telemedicina di cui 4 miliardi alle Case di Comunità per la presa in carico delle persone, 1 miliardo sull’assistenza a domicilio e 2 sullo sviluppo della rete delle cure intermedie. Dieci miliardi invece vanno all’ammodernamento tecnologico e digitale del sistema. Così suddivisi: 5,6 miliardi per gli ospedali, 3,4 per il parco tecnologico ospedaliero, 1 miliardo sul Fascicolo Sanitario Elettronico e 1,81 miliardi su ricerca a trasferimento tecnologico.

L’asse Franco-Colao

Il sistema di gestione delle risorse è stato centralizzato a capo del nuovo Ministro dell’Economia, Daniele Franco, che a sua volta ha nominato l’ispettore capo della ragioneria generale dello stato Carmine di Nuzzo che ha un team dedicato. Il Ministro Franco collabora con pochi altri selezionati Ministri tra i quali spicca su tutti Vittorio Colao Ministro dell’Innovazione tecnologica. L’obiettivo principale del gruppo di lavoro dentro al Mef è razionalizzare le coperture economiche degli investimenti. I fondi non verranno in un’unica soluzione ma a più riprese, partendo da un 13% nella prima trance. Sulle questioni “Sanità e Affari sociali” a oggi le regioni italiane che hanno presentato il “loro” piano con alcune proposte progettuali e di budget nel dettaglio sono 11 e uno dei temi più rilevanti riguarda proprio il raccordo fra Roma e enti locali su capacità e governance della spesa.

Il parere del Parlamento

Il 31 marzo e l’1 aprile sono state votati dalla Camera dei Deputati e dal Senato i lavori di sintesi delle relazioni al Pnrr, che potrebbero contribuire alla fase finale di definizione del piano. Non si tratta di pareri vincolanti che obbligano il governo a recepire ma indicazioni utili per migliorare l’assetto del Piano. Tanti gli spunti all’interno, qualche criticità. Il principale elemento di sorpresa riguarda il fatto che nonostante lo sconvolgimento politico che a febbraio ha sancito la fine del governo Conte-bis e la maggioranza giallo-rossa, per una grande alleanza nel nome di Mario Draghi, tra il Pnrr presentato da Conte e quello attuale non ci sono grandi differenze sostanziali né in termini economici.

Integrazione ospedale-territorio

In particolare nel capitolo “Assistenza di prossimità e telemedicina”, pur cogliendo con favore l’istituzione delle Case di Comunità, non viene ancora prefigurato un modello di medicina territoriale che possa garantire un continuum assistenziale che vede al centro i bisogni dei pazienti. Vanno previste misure più incentivanti per la trasformazione nell’approccio alla salute pubblica che vada a favore di un’assistenza di prossimità per mitigare la povertà sanitaria e sostenere le fasce di popolazione più fragili. Nel dettaglio: le attuali previsioni per la medicina territoriale e le cure domiciliari, che comprendo la domiciliarizzazione tecnologicamente assistita e integrata con la medicina di base e la telemedicina, l’implementazione degli screening anche per ridurre i costi sociali e sanitari, necessitano oltre che di risorse di un nuovo modello di governance. Basato sull’integrazione tra rete ospedaliera e territorio, mediata dalla domiciliarizzazione delle cure grazie alla tecnologie dove però a oggi mancano protocolli e linee guida nazionali da applicare in risposta ad emergenze epidemiologiche.

Case di Comunità, quali servizi?

Per l’istituzione delle nuove Case della Comunità vanno dettagliate meglio le funzioni, i servizi e le prestazioni sanitarie erogate a cominciare da percorsi di prevenzione diagnosi solo in apparenza onerosi nell’immediato ma che permettono di risparmiare sul medio e lungo periodo. Dentro un mondo della medicina che va sempre di più nella direzione della “terapia personalizzata”, gli approcci devono almeno in parte tenere conto delle differenze sociali o di genere in tutte le fasi e gli ambienti della vita, con la presenza di psicologi delle cure primarie, di figure professionali di educatori e pedagogisti, di infermieri di famiglia/comunità, e con l’ampliamento della rete dei consultori.

Patrimonio edilizio e digitale

Dal lato “digitale e innovazione”, le Commissioni riunite di Camera e Senato segnalano come l’ammodernamento debba passare per forza di cose attraverso interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico ospedaliero, programmati con tempistiche in grado da garantire livelli di assistenza omogenei su tutto il territorio nazionale e standard elevati di sostenibilità ambientale. Per fare ciò sono necessarie azioni di ricognizione, a cominciare da un piano di monitoraggio nazionale sulle “infrastrutture” in senso lato da una parte e dall’altra la genesi di una forma volta al coordinamento informativo statistico e informatico dei dati del sistema sanitario. Prevedendo l’obbligatorietà dell’interoperabilità tra i diversi software o la realizzazione di un’unica piattaforma digitale nazionale, così da superare l’attuale impossibilità di condivisione dei dati tra i vari attori. Uno dei problemi più critici per chiunque prova ad occuparsi di salute incrociando i dati di diverse regioni nei campi più svariati della sanità: dalla medicina penitenziaria ai pazienti cronici, dalle dipendenze alle malattie rare.

Medicina predittiva, Lea e produzione domestica

La relazione dei parlamentari si sofferma anche sulla messa in campo della cosiddetta “Medicina predittiva”, l’aggiornamento sistematico dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) sulla base dei quali viene anche ripartita la spesa fra regione con meccanismi premiali e penalizzanti, il rafforzamento degli accertamenti diagnostici su tutta la popolazione. Interessante il riferimento invece all’autonomia del Paese in alcuni comparti strategici della farmaceutica a cominciare dalla produzione di vaccini (anche a m-Rna), farmaci e terapie innovative. La lezione di questi mesi sulla campagna vaccinale sembra, almeno per ora, non aver lasciato indifferente la politica che coglie l’occasione per rilanciare in maniera unitaria una sorta di “ autarchia farmaceutica” (italiana ed europea), o almeno un tentativo di collocarsi sulla mappa dei Paesi produttori, non tanto per contrastare l’attuale pandemia quanto per le sfide sanitarie globali del futuro.

Il Fascicolo Sanitario Elettronico

Alcuni interventi e suggerimenti strettamente connessi a ciò che è avvenuto invece nel 2020 riguardano altri punti: una ricognizione mirata su quali sono le cause che hanno fatto crollare, o quasi, il sistema ospedaliero di fronte alla pressione pandemica, con un occhio di riguardo alla situazione delle terapie intensive e dei posti letto in degenza ordinaria. Mentre sul Fascicolo Sanitario Elettronico a cui è destinato uno dei 19,7 miliardi previsti, si parla innanzitutto di “semplificazione” condivisa a livello regionale e nazionale, indispensabile per intervenire anche sugli indicatori di sanità pubblica aggregati in Big data. Tutto ciò che pertiene alla cartella clinica di un paziente (referti di esami ematici, radiologici, di medicina nucleare e altro), va uniformato. Esattamente come questo tipo di prestazioni devono essere possibili con modalità di “visualizzazione a distanza” sia per teleconsulti tra professionisti medici (riunioni multidisciplinari allargate a professionisti di ospedali e specialità diverse), sia per quanto riguarda la telemedicina nel rapporto medico-paziente o specialista-paziente.