Home Future Il Superbonus 110% è una giungla burocratica

Il Superbonus 110% è una giungla burocratica

Il Superbonus 110% è una giungla burocratica

Doveva essere la punta di diamante della serie di bonus voluti dal governo Conte bis per rilanciare l’economia scossa dalla pandemia. Insieme al Cashback, al bonus mobilità e quello babysitter, tra gli altri, il bonus per l’edilizia sostenibile del 110% aveva l’obiettivo di rilanciare il settore edilizio, considerato un volano per il sistema Paese. A distanza di qualche mese dal Decreto Rilancio è possibile fare un bilancio su questo ormai mitologico “superbonus” (qui la guida di True News).

Si fa presto a dire 110%

Promosso come un modo con cui tutti potevano in sostanza farsi pagare dallo Stato un intervento di restauro o dei pannelli solari sul tetto, il superbonus si è rivelato subito ben più complicato – e limitato – del previsto. Complicazioni di cui molti cittadini hanno scoperto l’esistenza solo una volta aver provato a sfruttare la norma, quando ne hanno parlato con un architetto o un commercialista, scoperchiando una babele di burocrazia. Il primo “cavillo”, se così vogliamo chiamarlo, riguarda soprattutto i tipi di abitazioni che possono usufruirne: case singole o condomini. A patto però che l’immobile sia “legittimato” e aderisca perfettamente alle piante consegnate in comune: in parole povere, nessun abuso e nessun intervento di edilizia “creativa” deve essere stato fatto nello stabile. Basta un bagno leggermente ampliato al quarto piano per far svanire le possibilità di un intero condominio. C’è poi la questione dei controlli. Lo stato offre il superbonus, certo, ma si riserva di esaminare gli interventi fatti nel corso dei successivi dieci anni, una finestra temporale considerata troppo grande anche dagli stessi professionisti – e infatti sono molti gli architetti e gli amministratori condominiali che preferiscono non prendersi questa responsabilità. 

E i centri storici? Sono pochi i casi in cui questo tipo di interventi è permesso: come spiega un professionista del settore a True News, un modo per ottenere il bonus sarebbe di intervenire facendo una coibentazione interna dell’abitazione, per esempio, sperando di rientrare nei parametri e – soprattutto – di non perdere troppa superficie abitativa. Non sempre ne vale la pena.

“Trainato” vs “Trainante”

E poi c’è il requisito essenziale per ottenere il superbonus, ovvero “il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio”, come dice la norma. Questo “salto energetico” preclude molti interventi, perché, ad esempio, i pannelli solari da soli, non bastano a coprirlo: serve di più. Come dimostrato da questa lettera all’esperto pubblicata da Repubblica, chi ha una “casa bifamiliare indipendente con classe energetica A2 già dotata di cappotto di 14cm e sistema pompa di calore” e volesse installare i pannelli solari con batteria ad accumulo, non potrebbe usufruire del bonus. Perché? Perché sarebbe un intervento “trainato” e non “trainante”, come potrebbe invece essere la coibentazione dell’edificio o la sostituzione dell’impianto di riscaldamento. (Nel caso specifico, però, si potrebbe comunque ottenere una detrazione del 50% su un ammontare di spesa complessivo di  96 mila euro.)

Banche e artigiani

Rimangono le banche, molte delle quali sono subito scese in campo per sfruttare l’onda alta del Decreto Rilancio. Le prime a muoversi sono state Intesa Sanpaolo e Unicredit ma ora l’offerta include Bnl, Mps, Banco Popolare e Credite Agricole, e persino Poste e Generali. In media, però, il credito d’imposta ceduto alla banca da un privato ha un controvalore pari al 93-94% del suo valore nominale, che può scendere all’81%, se le spese sono detraibili in dieci anni. Occhio alle percentuali, quindi.

Se tutti questi problemi riguardano i committenti, anche le aziende chiamate a fare questi interventi soffrono l’incertezza della norma. Come spiega il sito Ediltecnico, l’opzione dello sconto in fattura rappresenta un problema per i costruttori, perché “da un lato permetterebbe ai privati di iniziare i lavori a costo zero, dall’altro obbligherebbe le imprese a maturare credito di imposta anziché incassare denaro”. Un problema che colpisce perlopiù le piccole imprese artigiane, visto che lo sconto in fattura sembra premiare solo quelle medio-grandi”.

Insomma, non è di certo un caso se tra i bonus che hanno avuto la partenza più lenta e sofferta c’è proprio questo, che rischia di creare notevoli rischi per privati e aziende.