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La censura dei giganti dello streaming

La censura dei giganti dello streaming

Il fenomeno della media conglomeration implica che una manciata di gigantesche corporation controllino i principali servizi di streaming, per esempio, creando un settore popolato da pochi colossi globali – Netflix, Amazon Prime Video, Apple TV, HBO Max (di WarnerMedia, acquisita nel 2018 da AT&T) – e una galassia periferica di realtà minori. Un trend che ha ripercussioni anche culturali, se non geopolitiche: il fatto che ciascuno di questi player abbia interessi in decine, se non centinaia di Paesi, infatti, sta riportando al centro del dibattito il potere censoreo di queste piattaforme.

Qualche settimana fa si è saputo che Apple TV stava sviluppando una serie su Gawker (controverso sito di gossip e attualità americano chiuso nel 2016), fino a quando il CEO Tim Cook non lo ha saputo, e ha dato ordine di bloccare l’operazione. Motivo? Fu proprio Gawker a fare il suo outing, rivelando al mondo che il boss della Mela era gay. La notizia ha portato alla luce una serie di argomenti che Cupertino non è disposta a trattare nelle serie prodotte dal suo servizio di streaming, alcuni dei quali hanno un enorme peso politico: “Le due cose che non tratteremo mai sono il nudo e la Cina”, ha detto un executive dell’azienda ha detto al New York Times.

Un altro esempio riguarda Netflix, che nel 2018 ha pubblicato il documentario Icarus di Bryan Fogel sullo scandalo del doping in Russia, che contribuì a bandirne la squadra dalle Olimpiadi invernali di quell’anno. Il suo nuovo lavoro, The Dissident, tratta invece dell’assassinio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, e il ruolo giocato nella sua morte dal principe saudita Mohammed bin Salman. Nonostante il potenziale del film, il titolo ha fatto molta difficoltà a trovare una piattaforma disposta a “rischiare” tanto pubblicandolo, e sarà disponibile in modalità video-on-demand (e in qualche cinema negli USA). “Queste aziende non pensano più cosa andrà bene con il pubblico americano” detto Fogel. “Si chiedono cosa succederà quando faremo uscire questo film in Egitto? E in Cina, Russia, Pakistan, India?”