Home Economy Il biglietto da 9 euro in Germania è a fine corsa. Ecco come è andato

Il biglietto da 9 euro in Germania è a fine corsa. Ecco come è andato

Il biglietto da 9 euro in Germania è a fine corsa. Ecco come è andato

Tra i vari cavalli di battaglia proposti in questa breve ma feroce campagna elettorale compare anche il trasporto gratuito. Il modello di rifermento non poteva che essere il paese “locomotiva d’Europa”: la Germania. A giugno il governo ha lanciato il 9-Euro-Ticket, il biglietto a 9 euro. Valido su tutto il territorio nazionale e sulla maggior parte dei mezzi di trasporto locale – treni regionali inclusi. L’offerta però sta per terminare. A settembre il 9-Euro-Ticket arriverà a fine corsa.

Edoardo Toniolatticofondatore del blog collettivo Kater sulla Germania e curatore della newsletter RESET2021 sulle passate elezioni politiche tedesche, analizza con true-news.it come è andata l’operazione biglietto a 9 euro.

Dottor Toniolatti, come è nata la proposta del biglietto a 9 euro?

Il 9-Euro-Ticket fa parte dell’ampio pacchetto di misure varato dal governo tedesco per affrontare la crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina. Come noto la Germania dipendeva in maniera molto rilevante dal gas e dal petrolio russi. Lo scoppio della guerra ha mutato profondamente il contesto entro cui si giocavano le relazioni energetiche e commerciali dei due paesi. Il gasdotto Nord Stream 2 è stato una delle prime vittime, praticamente morto e sepolto una volta che i carri armati russi hanno varcato il confine, e anche le forniture di gas attraverso il primo gasdotto, Nord Stream 1, sono al centro di un continuo braccio di ferro – il cui ultimo atto è la temporanea chiusura per manutenzione pianificata per fine agosto: dovrebbe durare solo tre giorni, ma chissà come andrà a finire?

Insieme a un altro contributo una tantum di 300 euro ed elargito attraverso la busta paga, nelle intenzioni del governo il biglietto a 9 euro è un tentativo di alleggerire i costi della crisi per i cittadini tedeschi: l’obiettivo era quello di rendere il trasporto pubblico più attraente convincendo le persone a lasciare la macchina a casa, in una fase in cui il costo del carburante è schizzato alle stelle.E il prezzo della benzina è un tema su cui i tedeschi sono molto sensibili – non dimentichiamoci che, come si dice, Deutschland ist Autoland.

Che risultati ha ottenuto e quanto è costato?

Il costo complessivo dell’operazione è di poco inferiore ai 4 miliardi di euro. 1,2 miliardi li hanno messi i singoli Länder, che hanno competenza sui trasporti locali, prendendoli dal fondo di salvataggio stanziato durante la pandemia. Lo stato centrale da parte sua ha contribuito con un finanziamento di 2,5 miliardi. Una cifra piuttosto alta in termini di investimento, ma a cui è corrisposto un grande successo, almeno in termini di vendite. Nel solo mese di giugno, primo mese di validità, sono stati venduti circa 21 milioni di 9-Euro-Ticket, che superano addirittura quota 30 milioni se ci si aggiungono i rimborsi previsti per i titolari di biglietti annuali. 

Perché il governo tedesco ha deciso di interromperlo? Ci sono ipotesi di rilancio?

In realtà l’iniziativa è sempre stata pensata come confinata ai tre soli mesi estivi, da giugno ad agosto – anche perché altrimenti sia i Länder che le aziende del trasporto pubblico locale sarebbero probabilmente scesi in strada con i forconi. Il costo del biglietto dei mezzi pubblici in Germania è parecchio elevato, e un taglio così drastico alle entrate avrebbe avuto, se prolungato oltre i tre mesi, un effetto dirompente per le casse dei comuni e delle regioni. Non a caso si prevedono aumenti per settembre, primo mese di ritorno alla normalità, per rifarsi delle perdite di questa estate.

Il grande successo in termini di vendite, legato anche al prezzo stracciato rispetto a quello standard, ha tuttavia portato in fretta il tema di un possibile successore del 9-Euro-Ticket al centro del dibattito pubblico. Al momento le proposte sul tavolo sono parecchie – nessuna conveniente come quella a 9 euro – ma ci sono due aspetti che lasciano prevedere almeno qualche mese di attesa prima che se ne possa parlare sul serio. Da un lato ci sono i costi: il biglietto a 9 euro è costato parecchio, come detto, ed è quindi necessario trovare un modo efficace di rendere il suo successore sostenibile sul lungo periodo. Il Ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, non intende creare nuovo debito per finanziare tariffe più basse, quindi da qualche parte bisognerà trovare i soldi.

L’altro?

L’altro punto è invece relativo all’analisi più nel dettaglio dei risultati dell’iniziativa. Prima di immaginare un nuovo tariffario, è necessario capire bene chi ha comprato il biglietto a 9 euro, per quali tratte, come è stato usato. Il Ministro dei Trasporti Volker Wissing, liberale anche lui, intende aspettare i risultati di tutte queste analisi prima di mettere mano a una proposta concreta, che quindi non vedrà la luce prima del nuovo anno.

Ma sulla effettiva rappresentatività dei dati raccolti gli esperti hanno più di un dubbio: il sospetto è che buona parte dei biglietti a 9 euro siano stati usati per vacanze o escursioni in treno nel week-end piuttosto che per l’ordinaria mobilità urbana, e che quindi molti dei dati raccolti non siano rilevanti per un progetto il cui scopo è comunque ridisegnare il trasporto locale per l’utilizzo “normale” – per andare al lavoro o a scuola, insomma, e non per andare a passare il fine settimana a Sylt, isoletta al confine con la Danimarca tradizionale meta dei villeggianti tedeschi.

Cosa pensano i tedeschi dell’iniziativa biglietto a 9 euro?

Come detto, se guardiamo ai numeri l’iniziativa ai tedeschi è piaciuta parecchio. Il problema è che l’enorme afflusso extra generato dal biglietto a 9 euro ha rivelato con estrema evidenza il vero problema al cuore del progetto, e cioè il pessimo stato infrastrutturale della rete ferroviaria tedesca. Il biglietto a prezzo stracciato valido su tutto il territorio nazionale (tranne che per i treni più veloci come gli ICE) ha portato sui binari un numero gigantesco di passeggeri in più, un numero rivelatosi ben presto ingestibile e che si è tradotto in innumerevoli ritardi, cancellazioni, disagi.

Con un rischio potenzialmente letale, individuato da alcuni osservatori: che quelli che avevano deciso di provare a spostarsi in treno anziché in macchina siano rimasti sconvolti dall’esperienza e non mettano più piede su un vagone, e che anche quelli che di solito usano il treno, a fronte dei disagi subiti, possano iniziare a pensare che la macchina alla fine non è poi così male.

Qual è lo stato dell’ambientalismo in Germania?

Questa è una domanda che rivela una delle contraddizioni tipiche della Germania, Paese in cui i Verdi sono ormai stabilmente intorno al 20% nei sondaggi e fanno parte del governo occupando posti chiave – come il Ministero degli Esteri e quello per l’Economia e la Protezione del Clima – ma che allo stesso tempo continua a mancare gli obiettivi climatici sottoscritti, in cui l’industria automobilistica è ancora un fattore centrale non solo in economia ma anche in politica, e in cui le strategie messe a punto per la transizione energetica dal combustibile fossile al rinnovabile si sono rivelate pesantemente inadeguate con lo scoppio della guerra in Ucraina.

L’ambientalismo è una sensibilità diffusa in Germania, ma rimane spesso legato a una concezione un po’ statica delle questioni ecologiche e climatiche. È il Paese in cui tutti comprano bio – e alcuni addirittura biodinamico – e in cui  è quasi un reato di lesa maestà provare a criticare la scelta di abbandonare il nucleare senza un piano alternativo efficace – che non fosse il gas russo. Un Paese in cui talvolta l’ambientalismo e l’antiscientismo vanno mano nella mano.

Per prevedere la piega che prenderà l’ambientalismo tedesco negli anni a venire converrà tenere d’occhio l’evoluzione dei Verdi. Ormai da alcuni anni si stanno cercando di modernizzare e problematizzare alcune loro posizioni storiche; cercando di non far arrabbiare troppo la loro base più “tradizionalista”. Il programma che hanno varato a marzo del 2021 conteneva alcuni punti di svolta importanti, da una timida apertura agli OGM in agricoltura all’abbandono dell’omeopatia. Vedremo se si continuerà su questo percorso o se lo scontro con la crisi energetica del prossimo inverno riporterà il partito indietro.

A che punto è il governo di Olaf Scholz sulle tematiche ecologiche?

Il contratto di governo sottoscritto da SPD, Verdi e liberali della FDP includeva punti molto rilevanti in prospettiva ambientale. Ad esempio gli investimenti su ricerca, sviluppo e produzione delle batterie elettriche per rendere il Paese all’avanguardia nella mobilità sostenibile. L’invasione russa dell’Ucraina però ha ovviamente modificato il contesto in maniera radicale; stabilendo nuovi ordini di priorità e di urgenze e portando la questione energetica al centro del dibattito. Nel contratto di governo si parlava di un grande piano di investimenti soprattutto per il settore eolico e quello fotovoltaico, con obiettivi di rendimento in termini di GW scadenzati fino al 2045, anno in cui si punta a rendere la Germania climaticamente neutrale.

Ma in questo momento l’urgenza più pressante è quella di trovare da qualche parte il modo di sostituire il gas russo; per evitare che i tedeschi passino il prossimo inverno al freddo. E soprattutto il Ministro per l’Economia e la Protezione del Clima, Robert Habeck, è stato molto attivo negli ultimi mesi. Sempre in viaggio per stringere accordi con fornitori che non si chiamino Vladimir Putin. Oltre ai contratti chiusi, il governo tedesco sta insistendo molto anche su campagne di sensibilizzazione per la popolazione: l’obiettivo è risparmiare, il più possibile. Ad esempio negli edifici pubblici, ha già detto Habeck, il riscaldamento non potrà superare i 19 gradi.

La speranza naturalmente è che l’emergenza (e la guerra che l’ha provocata) termini presto. Ma anche che i tedeschi, nel frattempo, riescano ad acquisire delle buone abitudini dal punto di vista climatico ed energetico.